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Trump cerca nuovi alleati

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il vertice del g20
Ad Amburgo i Paesi emergenti sono pronti a schierarsi con gli Stati Uniti Oggi l’incontro con i leader russo

Dal clima al terrorismo, l’America tenta un rilancio
FEDERICO RAMPINI ACCORDI DI PARIGI
GLOBALIZZAZIONE IMMIGRAZIONE E TERRORISMO
COREA
Angela Merkel ha preparato un G20 decisamente ostico per Donald Trump, a cominciare dalla reiterata adesione della padrona di casa (e molti altri) agli accordi di Parigi sul cambiamento climatico. Eppure è eccessivo prevedere un G20 di assedio al presidente americano. Il formato di questo vertice, che include tanti Paesi emergenti, gli è relativamente più congeniale rispetto al G7. Inoltre le massicce proteste per le vie di Amburgo ricordano una cosa: il globalismo era entrato in una crisi profonda molto prima che Trump arrivasse alla Casa Bianca. Ecco i temi principali dello scontro.
Era passato da poco il G7 di Taormina quando Trump annunciò l’intenzione di ritirarsi dall’intesa per la lotta al cambiamento climatico. Un’intenzione che non si realizzerà comunque prima del 2020. Merkel punta sulla compattezza di “tutti gli altri”, i firmatari di quegli accordi essendo una larghissima maggioranza della comunità internazionale. Gli europei la seguono, la Cina impugna a sua volta la bandiera dell’ambientalismo. Però già si segnalano tra i membri del G20 alcuni disponibili a rivedere gli impegni sulla riduzione delle energie fossili. Guarda caso sono produttori di petrolio: Arabia Saudita, Russia, Indonesia. In quanto ai “virtuosi”, va ricordato che gli accordi di Parigi non prevedono sanzioni. Il rispetto degli impegni va affidato alla buona volontà e alla buona fede. La Cina è autorizzata comunque ad aumentare le emissioni per molti anni; e ha la cattiva abitudine di manipolare i dati sull’inquinamento. La Norvegia, iper-ambientalista a casa propria, esporta emissioni carboniche vendendo petrolio agli altri.
Più economico che politico, il G20 riunisce l’80% del Pil mondiale. E’ il luogo ideale per discutere di libero scambio, con un presidente americano che ha rinunciato ai trattati come Tpp (Asia-Pacifico) e Ttip (Usa-Ue). Trump invece dell’abbattimento delle barriere predica “commercio equo” e “reciprocità”. La Merkel ha costruito un’alleanza globalista con Xi Jinping. Ma l’asse Germania-Cina, guarda caso, unisce le due nazioni coi più colossali attivi commerciali verso il resto del mondo. I manifestanti di Amburgo, per lo più sinistra radicale anti-global, in questo caso sono “oggettivamente” dalla parte di Trump (anche se lo odiano). Anche i Paesi dell’Europa mediterranea, danneggiati dal mercantilismo tedesco, sono più “trumpiani” di quanto si rendano conto. Già Barack Obama nel 2009 accusava Germania e Cina di deprimere la crescita di tutti gli altri, esportando molto più di quanto importano. La globalizzazione divide il mondo fra vincitori e perdenti, le asimmetrìe dei benefici attraversano anche le singole società nazionali.
Non sono la stessa cosa, naturalmente. Però il G20 è il luogo dove si discute da tempo di una strategia economica che rilanci lo sviluppo nell’Africa subsahariana e in altre aree povere, per affrontare le cause strutturali che alimentano i grandi flussi migratori. Finora i piani di aiuti hanno sortito effetti minimi, anche se in alcune zone dell’Africa subsahariana ci sono segnali di dinamismo economico. Sull’immigrazione in seno al G20 ci sono
tensioni forti, per esempio fra l’Unione europea e la Turchia. Gli stessi Paesi europei danno uno spettacolo di disgregazione e di egoismi nazionali, per cui difficilmente possono salire in cattedra di fronte a Trump. Il quale rivedrà i dirigenti sauditi dopo che la sua visita a Riad è stata seguita dalla crisi del Golfo Persico con le sanzioni contro il Qatar. Anche l’atteggiamento da tenere verso il fondamentalismo islamico non vede uno schieramento “tutti contro Trump”. Perfino il suo Muslim Ban è stato approvato da alcuni Paesi arabi ultraconservatori.
Il G20 non è composto di alleati degli Stati Uniti come il G7. Difficile prendere posizioni nette e comuni sulla crisi geostrategica più acuta del momento: i ripetuti test missilistici e nucleari di Pyongyang. Trump vorrà quantomeno sollevare il problema, avendo di fronte Xi Jinping: al presidente cinese lui rimprovera di non fare abbastanza per disciplinare il piccolo alleato comunista. Il Giappone e la Corea del Sud (anch’essa membro del G20) hanno bisogno più che mai dell’ombrello protettivo americano. Le accuse di Trump sulla Cina che fa il doppio gioco non sono infondate: nel primo trimestre di quest’anno l’interscambio bilaterale Cina-Corea del Nord è cresciuto del 37%, nonostante le sanzioni Onu.

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