2/7/2017
le scelte dei partiti
Ritorni.
In un Paese che sembra vittima di un eterno corto circuito tra ieri e oggi, il padre dell’Ulivo e il fondatore di Forza Italia sono ancora in testa ai sondaggi e protagonisti del dibattito pubblico
FRANCESCO MERLO
COM’ERAVAMO
COM’ERAVAMO
VOGLIAMO tornare dentro la gabbia dalla quale eravamo evasi e sogniamo un futuro di mummie, cadaveri dissotterrati, viagra, dentiere in forma smagliante, con la tecnologia della maschera e l’estetica dell’Avatar. «Meglio loro che voi» dicono infatti a Renzi e a Grillo gli italiani dispettosi che, in stato di atroce allegria, inseguono le ombre di Berlusconi e Prodi. I due vecchi campioni sconfitti, che erano “naturalmente” usciti di scena, sono infatti in testa ai sondaggi elettorali. E sembra inverosimile, quasi un racconto gotico, con l’orrore e l’ironia della cara, invecchiata patonza che, come Gloria Swanson, la famosa attrice del muto, con la pretesa dell’intramontabilità è tornata a girare riportando il centrodestra del Cavaliere in testa alle classifiche di gradimento. Più che una scelta politica sembra un vaffa al vaffa e uno sberleffo al rottamare che — ormai lo sappiamo — non ha mai avuto né rotta né mare.
E si rivede pure Bertinotti, che fu lo spray di acqua di comunismo e ora è spray di acqua benedetta; e si rimpiange non solo Berlinguer, che è un mito mai tramontato, ma lo stile Cossutta addirittura, che fu il busto di Lenin tra le «buone cose di pessimo gusto» nel salotto di nonna Speranza. E con loro tornano il proporzionale e Vasco Rossi, don Milani e la Carrà, le lucciole di Pasolini e il Maurizio Costanzo show, le “casette” nelle zone terremotate mai ricostruite, e Renzo Arbore ovviamente, al cui amatissimo ridente faccione, che è una raccolta di memorabilia, la Rai ha già affidato le feste del prossimo Natale con la riedizione, ça va sans dire, di Indietro tutta.
Attenzione, però: non è l’eterno ritorno delle indomabili macchiette che ogni tanto organizzano un raduno di ex per rifare la Dc con il sindaco De Mita, o per rifondare il comunismo con gli onorevoli Ferrero, Diliberto e Rizzo. E siamo oltre il solito revival estivo con Bobby Solo e Tony Dallara, e ben al di là del cuore incollato allo specchietto retrovisore che da 50 anni ripropone Gianni Morandi il quale, come nel mondo fanno Mick Jagger e Paul McCartney, custodisce la nostra memoria, protegge l’illusione di un’insuperabile adolescenza italiana.
È vero che in tutto il mondo va di moda il vintage e dovunque c’è stato il rilancio del vinile e delle musicassette. Ma solo l’Italia ha l’ossessione del remake, in un cortocircuito di passato e futuro. L’Inghilterra non si affida ai sopravvissuti, e anche il vecchio del Labour è una novità: sicuramente Corbyn non è un ex a caccia di quei poveri bis che alla fine guastano anche la memoria degli originali. E vale pure per Renzi che, sconfitto al referendum, è ora l’orso addomesticato e spelacchiato che pateticamente si sta esibendo nello stesso habitat che gli era stato naturale e lo avevo visto trionfare per forza e per imprevedibilità. La sorpresa dell’exit, che è intelligenza e civiltà, ha invece rinnovato la Francia, l’Austria, l’America (anche se in peggio), l’Olanda… Solo l’Italia ha sempre sete di cedrata, spuma, tamarindo…, e infatti la Moretti ha imbottigliato birra e chinotto, birra e limonata, birra e gassosa (in Romagna si chiamava “bicicletta”, in Francia “panaché” e in Inghilterra “shandy”). E va bene che la nostalgia, prima di essere marketing e tic reazionario, è il sentimento che meglio ingombra e illustra l’Italia che, secondo l’Istat, è un paese di vecchi e per vecchi, con il tasso di natalità più basso d’Europa. Ma c’è qualcosa di più nella sconfitta del “nuovo” e nel rimpianto come progetto, nel “come eravamo” spacciato per strategia culturale.
In faccia alla ferocia senza grandezza del turpiloquio degli incompetenti di Grillo, e in risposta alla Rete come sfogatoio e pattumiera del risentimento, risorge dunque Arcore, dove si andava per scalare le classi sociali e per risolvere i conflitti politici: “venite con le signore” diceva allora Berlusconi che a 82 anni è intanto diventato di vetro, delicato di sangue e viscere, una lampada fioca com’è lo spirito della vita “lo quale — dice Dante — dimora nella secretissima camera de lo cuore”.
Così il passato è la disperata via di fuga di un paese stupito e instupidito che si traveste e insegue i leader che si ricandidano, i sindaci che ci riprovano, i deputati che si riciclano. E la voglia di un rassicurante déjà vu resuscita anche l’Ulivo insieme con ”l’Italia è il paese che amo”, come se il professore fosse ancora “la mortadella dal volto umano” che saprebbe tenere insieme Renzi e D’Alema, Bersani ed Emiliano, Franceschini e Orlando come tenne insieme i cani e i gatti della sinistra di allora, Di Pietro e Bertinotti, Veltroni e D’Alema (sempre lui, ancora più ludopatico di rancore), Mastella e Marini, i global e i no global, i pacifisti e i guerrafondai. E come se il cavaliere fosse ancora oggi la somma di tutti quei terribili ma popolarissimi soprannomi (più di cento a partire da Berluskaz e Sua Emittenza) che sbeffeggiandolo ne proteggevano la leadership, la riconoscevano irridendola.
Si tratta invece di proiezioni, di ombre appunto, di una nostalgia che è smarrimento perché è vero che Berlusconi e Prodi fanno tenerezza agli italiani, che per loro si divisero in destra e sinistra, ma come il ricordo delle vecchie malattie superate, come le cicatrici di un acutissimo morbillo che siamo contenti di avere avuto. Umberto Eco confessò di provare nostalgia per “gli orribili anni Quaranta”, quando si tremava “di freddo e di paura“. Ricordo con tenerezza — scrisse — “le notti passate nel rifugio antiaereo: ci avevano svegliato nel bel mezzo del sonno più profondo, trascinati in pigiama e cappotto in un sotterraneo umido, tutto in cemento armato, illuminato da lampadine fioche …”. Spiegava così che l’origine della nostalgia è un rifiuto della realtà: spesso è una reazione nevrotica, persino una contraffazione del passato.
E sebbene non ci sia paragone possibile tra le tragedie della storia e l’attuale farsa italiana, val la pena ricordare che forse nessuno ha spiegato lanostalgia meglio del grande scrittore ungherese Imre Kertész (Nobel nel 2002) che confessò nel suo bellissimo “Essere senza destino” di provarla — la nostalgia appunto — per il campo di concentramento dove era stato internato all’età di 15 anni, e che pure aveva raccontato in modo realistico e terribile. Ebbene, secondo Kertész la società ungherese nella quale viveva non era degna dei morti nel lager.
Così, nella povera commedia italiana, Grillo e Renzi non sono degni di quella stagione di scontro che, nella lontananza della nostalgia e grazie al “valore di vetustà” che vi stende sopra, come una patina di vecchiaia, ci appare addirittura bella. Solo il tempo e la nausea del presente stanno rendendo rassicuranti gli amori e gli odi di quel bruttissimo romanzo nazionale — il berlusconismo appunto — che dopo 23 anni non riesce a diventare storia.
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Più che scelte politiche appaiono come un “vaffa” a Grillo e uno sberleffo a Renzi Si vive con un senso di nostalgia che confina con lo smarrimento
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ll 12 aprile 1996 sei milioni e mezzo di spettatori seguirono su Raitre in prima serata il confronto fra Silvio Berlusconi e Romano Prodi a Linea 3, condotto da Lucia Annunziata e aperto ai diversi leader del Polo e dell’Ulivo. In quella occasione fu decisivo l’ intervento di Giovanna Melandri, che innervosì Pierferdinando Casini sul programma del Polo sul sociale e la sanità. Ma anche nel duello uno contro uno il Professore ebbe la meglio sul Cavaliere