cronaca
La Camera al voto per rendere i versi di Mameli il nostro canto ufficiale: finora, tutti i tentativi si erano arenati
ALBERTO CUSTODERO
L’inno di Mameli potrebbe liberarsi dalla condanna a essere eternamente provvisorio. A giorni, la commissione Affari costituzionali della Camera voterà una proposta di legge per rendere “Il Canto degli Italiani” di Goffredo Mameli «inno ufficiale» della Repubblica. Da 71 anni, incredibilmente, “Fratelli d’Italia” è provvisorio: da quando, il 12 ottobre ‘46, il Consiglio dei ministri — allora guidato da Alcide De Gasperi — «su proposta del ministro della Guerra», stabilì che fosse adottato come inno nazionale per la cerimonia del giuramento delle Forze Armate del 4 novembre successivo: ma, appunto, «provvisoriamente».
L’attuale legislatura, la 17esima, è dunque la quarta a provarci. E seppure sembri ormai avviata a concludersi alla scadenza naturale, nel marzo 2018, i margini per l’approvazione ci sono. Sarà la cronaca parlamentare di questi mesi a dirci se “Fratelli d’Italia” riuscirà a fare il gran salto, o se resterà ancora per chissà quanto un inno ad interim.
La proposta di legge che sarà esaminata giovedì prossimo dalla commissione Affari costituzionali — la stessa che si occupa della legge elettorale — è stata presentata, in perfetta coerenza tra inno e nome del gruppo politico, dal deputato di Fratelli d’Italia Gaetano Nastri. E da uno del Pd, Umberto D’Ottavio. Solo tre gli emendamenti. Uno, presentato dal forzista Francesco Paolo Sisto, che propone di chiamare l’inno di Mameli «nazionale» e non ufficiale. E due, decisamente contrari, del centrista Gian Luigi Gigli, che intende con il primo abolire “Fratelli d’Italia”, con il secondo promuovere un concorso nazionale per scegliere un nuovo inno. Una posizione già espressa negli anni da alcuni partiti d’ispirazione cattolica. Stupisce, invece, il silenzio della Lega, che da sempre ha attaccato l’inno risorgimentale (Bossi al verso «schiava di Roma» in più occasioni alzò il dito medio), preferendogli il coro del Nabucco di Verdi, ritenuto da molti inadatto in quanto è il canto di un popolo diverso dall’italiano. E per di più sconfitto. Il Carroccio non ha presentato emendamenti: si vedrà la sua posizione al momento delle dichiarazioni di voto.
L’inno con il quale Carlo Alberto aprì la prima guerra d’Indipendenza, e che voleva simboleggiare la rinata fraternità nazionale italiana, fu scritto dal giovanissimo poeta soldato Mameli il 10 settembre del 1847, e musicato il 10 novembre, a Torino, dal maestro genovese Michele Novaro nella casa di Lorenzo Valerio, uno dei capi più autorevoli del partito liberale piemontese. Divenne il canto più amato del Risorgimento italiano e degli anni successivi all’unificazione, passando dal fascismo (Mussolini rivolto alla «gioventù italiana» disse «i tuoi santi sono Balilla e Mameli»).
Tornato in auge durante la presidenza Ciampi, spiegato da Roberto Benigni in una memorabile serata a Sanremo, fu oggetto di scherno in una convention di Fi quando Berlusconi, nel 2009, al passaggio «siam pronti alla morte», fece con la mano il gesto “così così”.
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