DISASTRO
I consulenti della Procura: costruito al tempo della guerra in Etiopia con mattoni «di cattiva qualità». Il petroliere del quinto piano rischia il processo
di Giulio De Santis
Il cemento armato utilizzato nel 1936 nella costruzione della struttura portante del palazzo a Lungotevere Flaminio 70 è di scarsa qualità. L’uso di materiali scadenti ha origine nelle scelte politiche del regime fascista, che all’epoca impose di privilegiare l’impiego del ferro nel settore militare, anziché nell’edilizia civile. Quelle decisioni risalenti al 1935 hanno influito ottant’anni dopo nel crollo degli ultimi tre piani dell’edificio, avvenuto in una notte dello scorso gennaio.
Come, infatti, stabiliscono i consulenti della procura la scarsa qualità del materiale è «la ragione profonda del cedimento». La causa scatenante del collasso, hanno indicato i tecnici nella relazione, è la rimozione dei tramezzi durante la ristrutturazione dell’appartamento al quinto piano di proprietà del petroliere Giuseppe Rigo De Righi, che ora rischia di finire sotto processo con l’accusa di disastro colposo. Tuttavia gli ingegneri Claudio De Angelis e Lucrezia De Rose sottolineano che, tra le concause della disgrazia, al primo posto va collocata la «cattiva qualità dei materiali strutturali».
Oltre al calcestruzzo, i due consulenti elencano tra le ragioni del collassoanche dodici lavori di ridistribuzione degli spazi interni tutti condonati, in altrettanti appartamenti, nel corso del tempo. Infine un ruolo va attribuito al sovraccarico dei solai. È questo compendio di fattori, definiti «sfortunati eventi» dai consulenti del pubblico ministero Antonella Nespola, che ha contributo a provocare il cedimento.
Ora è indispensabile fare un salto indietro al 1935 per capire cosa sia successo 10 mesi fa. Era l’epoca della guerra in Etiopia – come scrivono i tecnici – quando il fascismo si pose il problema degli strumenti necessari al conflitto. Si trattava di una questione cruciale che s’intrecciò con la politica autarchica tesa a limitare le importazioni di materie prime. La scelta – ricordano i consulenti - fu il sacrificio dell’impiego di ferro nel settore dell’edilizia, ritenuto marginale, destinandolo all’impiego nell’esercito.
L’edificio del Lungotevere – un progetto originario di otto piani - fu realizzato dalla ditta «Garbarino, Sciaccaluga e Mezzacane» in conformità a questi criteri anche se, rilevano i tecnici, i costruttori non rispettarono in pieno nemmeno quei parametri: il calcestruzzo del palazzo ha minimi di resistenza inferiori non solo ai principi di oggi, ma anche a quelli previsti dalle norme dell’epoca. Gli imprenditori ne erano consapevoli e ovviarono alle lacune con muri portanti di dimensioni più grandi della media. Un capitolo della relazione è dedicato al mistero del condono edilizio chiesto alla condomina del sesto piano, l’architetto Lidia Soprani. La signora nel 1985, come altri inquilini, presentò domanda di sanatoria per un ampliamento di 17 metri.
Da allora dall’ufficio condoni le hanno inviato due lettere nel 1998 e nel 2007 per chiarimenti. Poi più niente. Nessun altro atto risulta espletato in Comune in questi 30 anni. Perché? Infine i consulenti smentiscono una leggenda sul giardino pensile dell’architetto: li il sovraccarico era inferiore a quello consentito, mentre era superiore di 10 chili dentro casa. Poca roba, ininfluente sugli eventi della notte del 22 gennaio.
13 novembre 2016 | 10:38
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