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Trump La rimonta nelle urne “L’America tornerà grande”

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LA CORSA ALLA CASA BIANCA

ALBERTO FLORES D’ARCAIS
NEW YORK.
Le prime buone notizie per Donald Trump erano arrivate al calar della sera. Dopo aver conquistato le classiche roccaforti del Grand Old Party (gli Stati delle Praterie, quelli del Sud, quelli montagnosi del Northwest) i voti reali in arrivo dai Battleground States (quelli decisivi per entrare alla Casa Bianca) avevano fatto salire il buonumore tra gli uomini dello staff e i familiari del tycoon. Buonumore che è diventato speranza con i dati aggiornati di Florida, Ohio, North Carolina e poi qualcosa ancora di più con quelli di Wisconsin e Michigan, aree operaie quasi sempre saldamente in mano ai democratici.
Davanti al quartier generale di The Donald - l’Hilton Midtown di Manhattan - all’inizio pochi i fan e molti i poliziotti. Col passare delle ore aumenta il numero degli invitati, coppie bianche più o meno eleganti (al Victory Party si entra solo con un elegante cartoncino d’invito) che giungono alla spicciolata. «Come andrà? Vince lui e vinciamo noi, l’America tornerà grande». Lo slogan è sempre quello, ma con il passare dei minuti, i mormorii delle decine di giornalisti in attesa (a parte i grandi network tv accredito negato praticamente a tutti) aumentano, come aumentano le luci e le dirette di tv e videoblogger. E come aumentano soprattutto i tifosi del candidato- miliardario, che da Times Square convergono per sostenere il proprio idolo.
C’era grande attesa per capire se Trump avrebbe mantenuto davvero la promessa (in caso di sconfitta) di “non concedere” la vittoria all’avversaria, che sarebbe un bello sgarbo all’usuale (e immediato) fair-play dei candidati sconfitti nella corsa alla Casa Bianca. Ma lui si sa che tipo è, gli americani hanno imparato a conoscerlo (e diversi milioni ad osannarlo) in lunghi mesi: prima nelle infuocate primarie in cui ha sconfitto i grandi nomi dell’establishment del Grand Old Party, poi nelle sfide a distanza e nei testa a testa televisivi con l’ex First Lady. Per ora fanno fede le sue parole a votazione in corso («vedremo cosa accadrà, voglio che tutto sia onesto ») e le denunce con cui è arrivato ad ipotizzare («mi arrivano tantissime lamentele, da molti seggi») il fatto che gli elettori inseriscano un voto per lui e che questo venga trasformato in un voto per Hillary. E soprattutto toccherà adesso forse ad Hillary dover fare un discorso che mai avrebbe pensato di dover pronunciare. Non era stata una giornata facile per Trump, accolto con molti “buuu” e qualche sporadico grido di incoraggiamento quando - accompagnato dalla moglie Melania, dalla figlia Ivanka e dal genero Jared - ha votato nel seggio elettorale allestito in una public school nell’East Side di Manhattan, addobbata coi festoni per il prossimo Thanksgiving. «C’è un entusiasmo incredibile», aveva detto rivolgendosi alla piccola folla di reporter e tv che lo inseguono passo dopo passo: «È un grande onore, un tremendo onore, quello di aver votato » per poi concedersi un attimo da gigione quando gli hanno chiesto per chi avesse votato: «Decisione difficile».
I ripetuti allarmi sulle “elezioni truccate” (ovviamente dalla perfida Clinton Machine) sono stati del resto una costante ossessiva.
In Nevada, a urne già aperte, Trump aveva presentato un primo ricorso: contestando il fatto che venerdì scorso (ultimo giorno utile per il voto anticipato) fossero stati lasciati aperti i seggi ben oltre l’orario di chiusura. Nelle lunghe file in attesa c’erano moltissimi ispanici e come si sa Trump non ama molto i latinos (vuole rispedirli tutti in Messico). Un giudice della Clark County Court del Nevada, Gloria Sturman, nel giuro di poche ore ha respinto il ricorso presentato dalla campagna di Trump. La motivazione: «Potenzialmente potrebbe rendere pubblici i nominativi di coloro che lavorano all’interno dei seggi, mettendoli a rischio di molestie o persecuzioni ».
Che i sentori non fossero dei migliori lo dimostravano le parole del figlio maggiore. Parlando alla Cnn, Donald Trump Jr. ha detto quello che il padre si era rifiutato di dire: «Rispetteremo i risultati di un’elezione leale». Aggiungendo poi che «anche se perderà contro Hillary», rimarrà «in qualche modo coinvolto» nel movimento che lui stesso ha creato, perché le «speranze e l’energia» che hanno prodotto in tutti gli States la candidatura e la campagna del tycoon di New York «tornino come regalo alla gente per cui ci siamo battuti, a tutti coloro che non hanno avuto per troppo tempo una voce a rappresentarli». La vittoria in Ohio (certificata da tutti i network tv) e la grande performance che il tycoon sta ottenendo in Michigan e Wisconsin potrebbero adesso dargli una voce dall’interno della Casa Bianca.
Lui, il candidato-miliardario, non si è negato la sua quotidiana intervista tv, sia pure solamente telefonica. «La campagna elettorale è stato un fantastico processo», ha detto a “Fox & Friends”, la popolare trasmissione del mattino di FoxNews (la rete di Murdoch, dopo qualche incomprensione tra Trump e la sua conduttrice-star Megyn Kelly lo appoggia adesso a spada tratta). «Mi hanno attaccato fin dall’inizio per aver portato alla luce il problema dell’immigrazione clandestina, ma oggi posso dire che era la cosa giusta da fare. Se rimpiango qualcosa? Certo, forse su qualche cosa mi sarei dovuto comportare diversamente ». Su cosa non ha voluto però spiegarlo.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Per tutta la giornata il tycoon insiste sulla correttezza delle elezioni e presenta ricorso in
Nevada, subito bocciato. In serata la presa di molti Stati
LA RIVINCITA
Mi hanno attaccato fin dall’inizio sulll’immigrazione ma oggi posso dire che era la cosa giusta
CONTROLLO
Trump sbircia la scheda della moglie Melania al seggio di Manhattan. In basso, il tycoon segue i risultati nella notte in una foto della figlia Ivanka
FOTO: ©CARLO ALLEGRI/REUTERS

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