la corsa alla casa bianca
Il luogo.
Per la prima volta dal 1944 entrambi i candidati vengono dalla Grande Mela. Trump è nato nel Queens, Clinton ha lanciato qui la sua carriera politica
Le tensioni della zona dove è cresciuto il repubblicano si riflettono nei temi usati. La rivale ha scelto questo posto per mettere radici: come migliaia di persone di tutto il mondo
Le due anime della città nelle urne
ALEXANDER STILLE
NEW YORK.
Sembrano molto, ma molto diversi tra di loro: Donald Trump e Hillary Clinton. Trump urla, usa un linguaggio molto colorito, spesso volgare. Lei parla nei toni pacati e qualche volta un po’ noiosi di un politologo. Lui parla con l’accento marcato di Queens – il quartiere periferico di New York dov’è nato e cresciuto -- ma fa sembrare ogni parola un cazzotto. Hillary ha mantenuto le cadenze più piatte del Midwest (viene da Chicago) che tendono a togliere emozione da ogni sua frase.
Ma in realtà i due hanno molte cose in comune. Tra l’altro sono tutte e due newyorkesi: lui di nascita, lei di adozione.
Non è la prima volta nella storia: nel 1944 Franklin Roosevelt (ex-governatore dello stato di New York) ha sconfitto Thomas Dewey (anche lui governatore di New York). Ma nel 1944, era forse più prevedibile: New York era di gran lunga lo Stato più popolato e quindi con il maggior numero di voti nei collegi elettorali decisivi per le presidenziali. Aveva il doppio dei voti della California o del Texas: 49 dei 270 voti necessari contro 8 della Florida. Ora sono pari: entrambi hanno 29 voti. Il centro del Paese, per certi versi, si è spostato verso l’ovest e verso il sud.
Eppure la presenza di due candidati newyorkesi forse non è una pura coincidenza. Nel caso di Trump la sua formazione nel Queens degli anni ’50 aiuta molto a spiegare diversi aspetti della sua personalità ma anche qualcosa del suo successo nel resto del paese. Jamaica Estates, la zona di Queens dove Trump è cresciuto, è stata un’isola piuttosto ricca e decisamente bianca in una zona che stava cominciando a cambiare rapidamente. Fred Trump, il padre del candidato, era anche lui un imprenditore immobiliare: non di grattacieli a Manhattan ma di palazzi e case per i ceti medi a Queens. Era nota la sua scelta di non affittare gli appartamenti ai neri: le loro domande venivano segnate con la lettera “C” per “ colored” fino a quando il governo federale non è intervenuto. Ora Queens – una contea con circa 2,5 milioni di abitanti – è la parte più multiculturale della città: circa il 48 per cento dei residenti è nato all’estero. Non è solo la parte più multi-culturale di NY ma anche del pianeta, secondo il libro dei Guinness.
Ma il Queens di Trump non era il “melting pot” felice che alcuni vogliono, secondo Marina Budhos, scrittrice di origine indiana che è cresciuta a Queens. «Durante gli anni ’60 e ’70 - scrive - Queens era una zona marcata da tribalismo, segregazione e risentimenti scottanti. Sono proprio i sentimenti che Trump ha canalizzato durante la sua campagna elettorale».
New York è una città di estremi: la globalizzazione di Queens è estrema. Il linguaggio di Trump è estremo. Se altri candidati soffiano su certi sentimenti razziali e tribali degli americani, Trump l’ha fatto in un modo così diretto e schietto che ha spazzato via i suoi rivali repubblicani. I newyorkesi parlano senza peli sulla lingua e usano un linguaggio che sembrerebbe brutale e maleducato in altre parti del Paese. In questo momento strano della nostra Storia il linguaggio brutale di Trump è in sintonia con l’umore del Paese.
Hillary Clinton è meno apparentemente newyorkese, ma forse no. Dopo tutto la maggioranza dei residenti di New York non sono nati a New York come Trump. Il 37 per cento della popolazione che vive in città è nato all’estero e sicuramente una percentuale simile viene da altre parti degli Stati Uniti. New York è un magnete che attira persone da tutto il mondo. Attrae persone ambiziose e dotate. I newyorkesi nati e cresciuti qui sono una minoranza. New York è una città con una forte concentrazione di laureati e persone con diploma post-laurea, come appunto Hillary Clinton.
Clinton e Trump hanno altre cose in comune. Sono tutti e due molto ricchi. New York è il centro del settore finanziario del Paese. I ceti medi si ritirano verso la periferia o lasciano la città. Nella Trump Tower ci sono appartamenti che sono stati venduti per 28 milioni di dollari. La rivista Forbes ha stimato che Hillary e Bill Clinton insieme valgono oltre 40 milioni di dollari – la maggiore parte guadagnati facendo discorsi pagati da grandi banche e imprese.
New York è la città dove la disuguaglianza economica è più forte: qui c’è un’alta concentrazione di persone ricche ma anche di persone molto povere. Ma tutti e due candidati aspirano di essere il campione della classe media che quasi non esiste più a New York.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Il linguaggio di questa campagna elettorale è stato estremo. Del resto qui si parla in un modo che sembrerebbe maleducato in altre parti del PaeseEntrambi aspirano ad essere il campione di una classe media che da queste parti non esiste più, schiacciata da diseguaglianze fortissime