cronaca
L’intervista.
Il vescovo di Norcia: ora occupiamoci della gente ma qualche opera poteva essere salvata
DAL NOSTRO INVIATO
SPOLETO.
Dice monsignor Renato Boccardo, vescovo di Norcia, che «le chiese sono soltanto pietre. E le persone sono persone. Noi, ora, è di loro che dobbiamo occuparci». Però... «Però è legittimo porsi qualche domanda».
Quali?
«Dopo il sisma del 26 agosto il nostro ufficio tecnico aveva segnalato a tutti gli organi competenti le lesioni nelle nostre chiese. C’erano situazioni meno gravi ed altre evidentemente più preoccupanti. Pur non essendo tecnici, avevamo dato una scala di priorità chiedendo una “visita specialistica”».
Non è venuto nessuno?
«No. Anzi. Sono venuti tutti. Protezione civile, Soprintendenza, Comuni, Regione, Vigili del fuoco. A fare dei sopralluoghi. Distinti, non coordinati. Controllavano tutti la stessa cosa. Dunque, è stata una perdita enorme di tempo. Tant’è che da agosto a ottobre nulla è stato fatto».
Pensa si sarebbe potuto salvare qualcosa?
«Non lo so. Non sono certo un tecnico. Non voglio dire che mettendo due pali di sostegno avremmo tenuto in piedi tutto, però probabilmente alcune opere d’arte rimaste sotto le macerie si sarebbero potute salvare».
Come a San Benedetto. La Soprintendenza sarebbe dovuta venire il giorno dopo il terremoto per cominciare i lavori sul tetto.
«Mi chiedo: perché ci hanno messo due mesi? Io non accuso nessuno. Non potrei mai. Non voglio cadere in quell’esercizio che si fa dopo ogni catastrofe, quando bisogna dare la caccia a ogni costo a qualcuno. Però dobbiamo trarre un insegnamento da quello che è successo».
Un insegnamento?
«In casi di catastrofi bisogna snellire le procedure della burocrazia. I rimbalzi infiniti da un ufficio all’altro per un timbro non sono possibili. Servono legalità e trasparenza ma anche velocità e buon senso. C’è una legge che prevede che le procedure d’urgenza valgano solo per i beni architettonici che possono provocare problemi alla pubblica incolumità ».
State cominciando a pensare alla ricostruzione?
«Ora serve mettersi insieme e fare qualcosa di concreto. Innanzitutto per la gente.Perché le pietre delle chiese sono pietre. La gente vive, deve mangiare, dormire, non stare con il terrore addosso. Bisogna quindi snellire le procedure, dare delle case sicure e cominciare a pensare a come ricostruire le abitazioni danneggiate. E in parallelo anche le chiese. Ma la priorità sono gli uomini».
Ricostruirete San Benedetto?
«Ieri sono stato con i Vigili del fuoco mentre coprivano le macerie: temevano che con la pioggia tutto si trasformasse in fango. Io non sono un tecnico, ma come si fa? Gli stessi Vigili, straordinari, davvero straordinari, mi raccontavano che il Duomo di Gemona, in Friuli, distrutto dal sisma sono riusciti a ricostruirlo perché erano rimasti pietroni squadrati. Li hanno numerati e sono riusciti a rimetterli a posto uno a uno. Qui come si fa?».
È la domanda che pongono più spesso anche i 25mila sfollati: come si fa?
«Abbiamo il dovere di ascoltarli. Abbiamo creato delle squadre di preti e volontari dedicati a questo. Servirà del tempo».
Alcuni preti hanno aperto le chiese per ospitare le persone. È d’accordo?
«Se necessario, assolutamente sì. Bisogna avere le chiese, però. A noi ne sono rimaste davvero poche ».
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TIMBRI
Basta con i rimbalzi da un ufficio all’altro per un timbro Serve legalità ma anche velocità
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Monsignor Renato Boccardo
IL RECUPERO DEI TESORI
I vigili del fuoco al lavoro di notte per recuperare le opere d’arte nella basilica di San Benedetto a Norcia
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