COMMENTI
ALBERTO STATERA
CLASSICO letterario del Novecento, da Kafka a Svevo, il rapporto tradizionalmente conflittuale padre- figlio (uccidere il padre) è per sempre archiviato dinanzi ai due figli di potenti che hanno messo a frutto le doti paterne. E finiti ieri uno agli arresti, l’altro indagato insieme a tanti altri cultori di opere pubbliche all’italiana, con l’accusa di associazione a delinquere e corruzione. Giandomenico Monorchio e Giuseppe Lunardi avevano le mani in pasta — sul bottino, sostengono i giudici — nei lavori pubblici più importanti e costosi, dall’alta velocità, alle autostrade, dal terzo valico Genova- Milano, al palazzo del cinema di Venezia, mai fatto ma costato 37 miliardi. Sulla Genova-Milano (6,2 miliardi) gli allibiti magistrati sostengono di aver trovato colla al posto del cemento. Sì, gallerie fatte di vinavil.
Vi dicono qualcosa i nomi dei due fratelli Karamazov? L’uno viene dai lombi di Andrea Monorchio, Ragioniere generale dello Stato (lui ama farsi chiamare emerito), dal 1989 al 2002, con dieci governi e undici ministri, da Franco Nicolazzi in giù. Non c’è finanziaria, Cipe o opera pubblica che non l’abbiano visto protagonista, fin da quando Andreotti lo nominò, soprattutto quando i suoi ministri erano del calibro di Remo Gaspari o di quell’altro gentiluomo di Giovanni Prandini. Ma pare che Guido Carli lo chiamasse alle nove di mattina per leggere insieme i giornali.
Lunardi invece era l’uomo che avrebbe fatto grande l’Italia berlusconiana, come garantì il 18 dicembre 2000 Berlusconi stesso, quando da Vespa annunciò che da ministro dei Lavori Pubblici, l’ingegnere già noto per una certa disinvoltura, avrebbe eguagliato più o meno opere come la Piramide di Cheope,la Grande Muraglia e i templi dei Maya. Una nuova Italia fatta con i gessetti presidenziali per la quale erano pronti 180 mila miliardi di lire. Dove sia finita quella montagna di denari, ammesso che esistesse, nessuno sa. Tutti sanno invece della montagna di scandali che si consumò al ministero dei Lavori pubblici e nei suoi pressi: gare truccate, soldi sprecati, opere fatte con lo sputo.
Detto El Talpa, perché la sua azienda familiare Rocksoil è specializzata in gallerie stradali, l’uomo di Stato (sic) disse che «con la mafia si convive». E ammise, con quella sua faccia da Big Jim senza cuore: «Sì, ho avuto dei favori, ma che male c’è?». Certo, che male c’è se un alto dirigente dello Stato si fa gli affari suoi ? Altro che favori. Con l’aiuto del cardinale di Napoli Crescenzio Sepe, Propaganda Fide gli cedette per un prezzo stracciato un palazzo di 42 vani in via dei Prefetti nel più caro cuore di Roma.
I due, Monorchio e Lunardi, sono l’epitome dell’alta burocrazia di cui tutti parlano (male) senza avere un’idea precisa del potere immenso che detengono e usano al fianco di una politica inetta e tecnicamente incapace, quando non corrotta. Le dinastie poi fanno affari sul potere dei padri.
Svevo voleva uccidere il padre, mentre i nostri giovani junior Monorchio e Lunardi li vogliono tenere in vita, li hanno messi a frutto, si sono accomodati nelle cucce paterne, con analogo genio etico, se le accuse che li hanno portati all’arresto saranno provate.
Lasciata la poltrona del ministero, Monorchio non è rimasto disoccupato, si è fatto collocare alle Infrastrutture Spa. Il figlio Giandomenico, classe 1970, è decollato con gli appalti più vari nei lavori pubblici. Ha fondato la Intel engineering, che ritroviamo in decine di opere pubbliche: dalla Firenze- Bologna, alla Metro C, dalla CataniaSiracusa alla Torino-Novara, fino al Centro sperimentale Anas di Cesano. Un portafoglio ragguardevole con qualche inciampo. Uno degli ultimi, la Palermo-Agrigento, dove la Intel engineering è direttore dei lavori e il viadotto Scorciavacche è venuto giù proprio nei giorni dell’inaugurazione. Colla al posto del cemento ? Come non sospettare?
Anche Giuseppe Lunardi ha seguito le orme del padre. Quando era ministro, Lunardi senior giurò che avrebbe venduto l’azienda di famiglia per evitare il conflitto d’interesse. Balle. Al vertice della società oggi c’è il figlio. I clienti crebbero: l’Anas, la Salini (di cui Matteo Renzi ha appena celebrato l’anniversario), Astaldi, Pizzarotti, Italferr e così via. Ha preso lavori all’estero, dopo aver lavorato alla Metropolitana milanese (667 mila euro) e aver progettato le gallerie tra Mergellina e Chiaia.
Ecco per gli italiani stanchi della burocrazia una storia istruttiva per aiutarli a capire da nove nasce il disastro di questo paese. La debolezza e l’incompetenza dei partiti ha creato questo ceto di potenti di cui non si può fare a meno, perché sono gli unici in grado di scrivere una legge (male o a loro personale favore) o di interpretare una norma che essi stessi hanno scritto o collaborato a scrivere.
Dopo le parentele varie, mogli, amanti, cugini di secondo grado, irrompono i figli a godere dell’eredità di potere. Un piccolo consiglio per le centinaia di migliaia di giovani che non trovano lavoro: nascete figli di un boiardo di Stato.
a. statera@ repubblica. it
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