I N C H I E S T A S U L L E B A N C H E
Così fu massacrata la giudice che nel 2002 voleva fa processare Zonin per truffa.
Con una montatura giornalistica, poi smentita dalle sentenze, Cecilia Carreri, fu fattta passare per un'assenteista che andava in regata durante la malattia (invece era in ferie). Ha chiesto di riavere la toga, ma il Ministro Orlando blocca la pratica.
di FRANCESCO BONAZZI
Cecilia Carreri era GIP a Vicenza. Nel 2002 capì che nella Banca Popolare presieduta da Gianni Zonin qualcosa non andava e si rifiutò di archiviare l'inchiesta che era stata aperta per truffa, falso in bilancio e conflitto di interessi. Una montatura giornalistica la costrinse a lasciare la magistratura.<<L’aumento dei magistrati in Veneto é una decisione che è stata presa a prescindere dalle inchieste
sulle banche. I1 Veneto é considerato regione fondamentale dal punto di vista economico, e l’economia deve essere sostenuta da un sistema giudiziario efficiente». Queste belle parole le ha pronunciate il 26 luglio scorso Andrea Orlando, ministro della Giustizia, in visita al tribunale di Vicenza. I vertici della magistratura locale gli avevano chiesto quattro giudici e due Pm, una miseria. Ma nel frattempo succede che lo stesso guardasigilli si tenga inspiegabilmente sul tavolo la domanda di rientro in servizio di Cecilia Carreri, il giudice per le indagini preliminari che nel 2002 si oppose alla richiesta di archiviazione di una prima, profetica, inchiesta sulla Banca popolare di Vicenza, e che tre anni dopo subi un linciaggio senza precedenti dai colleghi in toga e dalla stampa. La fecero passare per una scansafatiche con una montatura inquietante, poi smentita da fatti e sentenze.
Proprio lei, l’unico magistrato che cerco di far processare per truffa e falso in bilancio l’allora presidente della Bpvi, Gianni Zonin, oggi indagato per aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza dopo che 118.000 soci hanno perso 6,5 miliardi.
Il prode Orlando non solo blocca la pratica della Carreri, ma, evidentemente mal consigliato, si è addirittura opposto al ricorso al Tar del Lazio con il quale l’ex Gip ha chiesto l'anullité delle proprie dimissioni, presentate in totale stato di prostrazione.
Le disavventure della Carreri iniziano il 22 giugno 2002, quando rifiuta l'archiviazione del fascicolo 1973/01 <<a carico di Zonin Giovanni e altri», aperto per truffa, false comunicazioni sociali e conflitto d’interessi. L’inchiesta, avocata a sé dal procuratore capo Antonio Fojadelli, era partita
da una serie di esposti di soci e dal memoriale di Giuseppe Grassano, uno dei tanti direttori generali (7 in vent’anni) silurati da Zonin. In sostanza, si accusavano i vertici della banca di aver occultato nel bilancio del 1998 ben 57 miliardi di lire di perdite sui derivati. Non solo, ma era stata segnalata
un’operazione immobiliare sospetta e in conflitto d’interessi tra la banca e la famiglia Zonin. E poi c’era la storia di Acta, una società sempre del gruppo Zonin che si era fatta finanziare per 18 miliardi di lire dal Mediocredito trentino. Pochi giorni dopo l’erogazione del prestito, Bpvi aveva acquistato 18 milioni di obbligazioni proprio di quell’Istituto.
Nonostante la consulenza tecnica del perito della Procura, Marco Villani, ricostruisca tutti i passaggi delle transazioni sospette, il procuratore capo chiede l'archiviazione. Carreri invece resta colpita proprio da quella perizia e scrive: <<Le indagini dimostrano fatti e comportamenti molto gravi. Da queste emergono una continua commistione tra interessi istituzionali della Bpvi e interessi personali o societari del tutto estranei».
Quanto al buco sui derivati, il giudizio é netto; <<Le perdite erano ingenti, vi erano elevati rischi speculativi, il danno dei soci evidente».A quel punto, la decisione della Carreri é una bomba: imputazione coatta per il presidente della Bpvi. La patata bollente arriva tra le mani del giudice dell’udienza preliminare Stefano Furlani, il quale a gennaio del 2003 decide il non luogo a procedere
per i reati di truffa e false comunicazioni sociali, mentre rinvia alla Corte costituzionale le nuove orme del governo Berlusconi sul conflitto d’interessi, sospendendo cosi il giudizio.
Passano due mesi e la Procura generale di Venezia impugna la sentenza. Nel provvedimento si legge che <<il falso in bilancio é materialmente accertato», che le motivazioni che hanno portato all’archiviazione della vicenda immobiliare é semplicemente <<inaccettabile» e che il Gup di Vicenza <<ha palesemente travalicato i limiti delle sue funzioni».
Il fascicolo torna cosi a Vicenza, seppur dopo un incredibile errore di notifica a Zonin che faré perdere altro tempo. E qui arriva la seconda archiviazione. Anche questa volta Venezia non ci sta e impugna, lamentando <<un’illogica decisione assolutoria». A questo punto ci vogliono ben quattro anni per arrivare all’udienza preliminare di appello (2009), che sfocia in una nuova sentenza di non luogo a procedere per Zonin, <<nonostante appaia innegabile che le cond0tte delineino un conflitto di interesse tra gestore e istituto di credito amministrato».
I1 gip Carreri, nel frattempo, viene sommersa di fascicoli e isolata daic0lleghi.Continua a lavorare come un’ossessa, ma le tocca affrontare in rapida successione la malattia e la morte di entrambi i enitori. E alla fine paga i sacriéci con un periodo di depressione, al quale si aggiunge una serie di gravi patologie alla schiena.
A novembre del 2005 arriva la coltellata finale di alcuni magistrati. A Palazzo di giustizia si tiene un’assemblea per denunciare che la Carreri, mentre <<é in malattia», sta facendo una regata transoceanica.
Parte subito l’esposto al Csm, un giornale pubblica la sua foto al timone e fioccano titoloni pesantissirni sulla <<toga fannullona», che fa <<il giro del mondo mentre é in malattia». La Verità perchè la Carreri non affatto in malattia: sta smaltendo le ferie arretrate. Non solo, ma una sessantina rezza per essere diventata un capro espiatorio».
Dopo le dimissioni, la Carreri vince tutte le sue battaglie penali,acominciare dalle accuse di assenteismo e trufia ai danni dello Stato. ma ormai ha cucito addosso i1 marchio di giudice velista» in malattia. E visto che mediaticamente è << un mostro», non puo che finire davanti al registratore di Stefano Lorenzetto, che a settembre del 2012 la intervista per Il Giornale. La magistrata sventola per la prima volta assoluzioni e certificati medici, racconta di come si era inimicata molti colleghi, parla di <<trappo1one» di alcuni magistrati e poi rivela un episodio che, riletto oggi, fa riflettere:
<<A un certo punto scatto un’ispezione sul mio compagno di stanza. Quel magistrato aveva anche l'abitudine di andare a caccia nelle tenute private di un famoso imprenditore indagato per reati societari. Si da il caso che io abbia respinto una richiesta di archiviazione per quel suo amico industriale,
avanzata dal procuratore capo che mi faceva delle pressioni».
Lorenzetto a questo punto la incalza: <<Il procuratore capo avrà avuto i suoi buoni motivi per proporre l'archiviazione, non crede?». E la giudice rincara la dose: <<Il procuratore capo si assegnava le inchieste più scottanti e mi chiedeva di chiudere le indagini per infondatezza della notizia di reato.
E io respingevo le sue richieste. Insomma, evitavo l’insabbiamento dei processi». (Abbiamo cercato Cecilia Carreri per chiederle se oggi si sente di fare il nome di quell’irnprenditore, ma comprensibilmente ha deciso di restare in silenzio.
L’ultima udienza del suo ricorso al Tar per l’annullamento ‘delle dimissioni è prevista nei prossimi giorni. Se il ministro Orlando volesse anche solo fare un beau geste nei confronti delle migliaia di vittime della Bpvi, potrebbe mettere una firma sotto quella domanda di rientro in servizio dell’unica toga che provo a tutelarle davvero. E magari riaffidarle l’inchiesta. Lei si che saprebbe dove mettere le mani.
(3. Continua)
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