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La maledizione

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L’uragano killer
Sei anni fa il terremoto, poi l’emergenza colera Ora l’isola caraibica è di nuovo in ginocchio Nei villaggi rasi al suolo dalla furia della natura i morti sono già più di ottocento. Ma potrebbero essere migliaia. E intanto l’incubo è arrivato in Florida

ALBERTO FLORES D’ARCAIS 
NEW YORK.
È la maledizione di Haiti, l’isola degli schiavi che divennero liberi ribellandosi ai francesi negli anni della Bastiglia, di padri e madri dalla pelle nera che chiamano i figli Danton e le figlie Charlotte. È la maledizione di un popolo che da secoli subisce violenze e genera violenza, è soprattutto la maledizione di una natura più violenta degli uomini che ha preso di mira quell’angolo dei Caraibi circondato da rara bellezza.
Prima che arrivasse Matthew, l’uragano che dai tropici è salito a flagellare le coste della Florida, i vecchi di Haiti ricordavano Flora (a quei tempi gli uragani avevano solo nomi femminili), che nel 1963 aveva ucciso 8mila esseri umani.
Erano gli anni di “Papa Doc”, il feroce dittatore Duvalier con i suoi “Tonton Macoutes” che seminavano il terrore tagliando teste agli oppositori, quindici anni seguiti da altri quindici di “Baby Doc”, se possibile più feroce del padre. Migliaia e migliaia di morti in trent’anni per mano dell’uomo, ma quando era tornata una parvenza di democrazia, la natura decise di nuovo che Haiti dovesse pagare chissà quali colpe.
Era il 12 gennaio del 2010 quando un terremoto di magnitudo 7.0 ridusse in macerie la capitale Port-Au-Prince e centinaia di villaggi grandi e piccoli. Ci furono almeno 200mila morti (il numero esatto nessuno lo sa ancora); ricordo quelle migliaia di “morti viventi”, tantissimi bambini, che camminavano quasi fossero zombie tra case distrutte, fuochi a ogni angolo e il terribile puzzo di cadavere che rendeva irrespirabile l’aria.
Passarono pochi mesi e arrivò il colera, che da oltre un secolo era uno sconosciuto, portato dai soldati delle Nazioni Unite, dicevano gli stregoni voodoo (e a modo loro avevano una parvenza di ragione). Con il colera nuovi morti a migliaia, quattro, cinque o 10mila (a seconda delle statistiche semi-ufficiali), 20mila racconta una leggenda popolare.
Quando è arrivato Matthew l’isola si stava preparando alle elezioni presidenziali (adesso sono state annullate), l’uragano era atteso come un’altra, inevitabile, calamità. Nessuno immaginava che fosse di tale portata: 30mila case distrutte, inondazioni in un terzo del Paese, niente acqua potabile per un milione di persone, malaria e dissenteria che avanzano e lo spettro di una nuova epidemia di colera. Per fare la conta dei morti è ancora troppo presto, sono già più di ottocento, forse mille, diventeranno molti di più quando i soccorsi arriveranno nelle aree più desolate e colpite.
«È stato come un mostro, colpiva tutto violentemente », «acqua, acqua, solo un muro d’acqua», «mai vista una devastazione come questa », raccontano in lacrime i testimoni, gente che negli ultimi dieci anni ha vissuto tragedie di tutti i colori. Ora Matthew è passato, le tv guardano altrove, lo spettacolo in diretta è dalle coste degli Stati Uniti, anche se l’uragano è stato declassato a tempesta e le vittime si contano sulle dita di una mano. Haiti è già dimenticata. Fino alla prossima maledizione.

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