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Europei, ora basta inchinarsi agli americani!

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L'America ha nel suo dna la sottomissione del Vecchio Continente e continua a perseguirla in ogni modo. E' giunto il momento di smetterla di essere vassalli e di ritrovare la nostra libertà. A costo di essere scorretti.

 

di ALAIN DE BENOIST


L’antiamericanismo può essere compreso in due modi: o in quanto critica degli Stati Uniti, e in generale dell’americanismo, o dell’americanizzazione, oppure come sinonimo di americanofobia. Mi soffermerò sulla prima definizione, non sulla seconda. Non sono«americanofobo», semplicemente perché ho orrore delle fobie qualunque esse siano: le fobie sono delle malattie dello spirito che impediscono ogni tipo di analisi o riflessione. La critica degli «Stati Uniti» è innanzitutto la conseguenza logica della critica al liberalismo. Il liberalismo è essenzialmente un’ideologia di origine anglosassone che ha trovato negli Stati Uniti una sorta di terra eletta. Utilizzo questo termine - liberalismo - nel senso che gli è stato dato nell’Europa continentale: il sentimento di superiorità del mercato inteso come fenomeno naturale autoregolatore e autoregolato, ossia come paradigma di qualsiasi fatto sociale; la legittimità di un sistema del denaro e la superiorità dei Washington ha usato ogni mezzo per convertire le persone alla sua ideologia valori mercantili; il primato dell’individuo sulla comunità (la società non esiste» diceva Margaret Thatcher); la fede nel progresso; la convinzione che l’economia è più importante della politica; che il commercio e intrinsecamente pacificatore; che la libertà si ottiene essenzialmente nella sfera privata (la cosiddetta «società civile»); che l’uomo è sulla terra per perseguire razionalmente il suo miglior interesse e via discorrendo. E questa fede è stata sempre condivisa dalla maggior parte degli americani. Ma (la critica agli Stati Uniti d’America, ndr) è anche una conseguenza logica della critica all’universalismo. Personalmente definisco l’universalismo come un etnocentrismo mascherato: esso tende a considerare come universali dei valori particolari - in questo caso, i valori occidentali - e a considerare la loro adozione da parte di tutte le culture, a discapito dei propri valori, come una prospettiva allo stesso tempo possibile, auspicabile e necessaria.

Nel corso degli ultimi millenni, lo sappiamo, gli Stati Uniti non hanno mai smesso di fare proselitismo e hanno usato ogni mezzo per convertire le persone. Tutte le differenti  culture del mondo, poco a poco, sono state convertite dai missionari in nome della vera fede, dai militari in nome del progresso e della civiltà, dai mercanti in nome del libero scambio e dello sviluppo. Ancora una volta gli Stati Uniti si sono ritrovati al centro del problema nella misura in cui le fondamenta biblico-puritane della loro cultura non hanno smesso di alimentare questo progetto universale, accanto ad un isolazionismo che non era altro che il desiderio di non essere contaminati dal mondo esterno (in particolare da una vecchia Europa da cui i primi i migranti erano fuggiti nella speranza di instaurare una nuova terra promessa), e un orientamento imperialista (la dottrina del destino manifesto) che mirava ad imporre il modello americano come migliore dei modelli ed il solo possibile, in modo che il destino di ogni popolo della terra risieda nella conversione all’american way of life.
Infine, quando parliamo di America credo che non bisogna dimenticare la lezione geopolitica: l’Europa è una potenza continentale mentre l’America e una potenza marittima. Tra la terra e il mare, riprendendo la terminologia di Carl Schmitt, non esiste un punto di incontro.Gli interessi 
sono necessariamente divergenti. L’Europa non ha mai dichiarato guerra agli Stati Uniti. Invece é evidente che sin dalle sue origini gli Stati Uniti hanno avuto dei conti da risolvere con l’Europa. Perché gli Stati Uniti sono nati con la volontà di rompere con l’Europa. Le prime comunità di migranti installati nel nuovo mondo volevano liberarsi dalle regole e dai principi esistenti nel Vecchio Continente. La nazione americana nasce nell’epoca della modernità sotto
una forma contrattuale simile alla <<scena primitiva» immaginata da Freud: i bambini si uniscono  per uccidere il padre, poi stabiliscono tra di loro un contratto fondato sull’uguaglianza. I1 padre in questo schema é ovviamente l’Europa. [...] L’America nasce dunque come l’anti-Europa. La nazionalità americana basata su un contratto tra gli immigrati
di ogni origine, voleva che tutte le particolarità culturali dovevano essere relegate nella sfera privata, vale a dire provvisoriamente tenute al di fuori della cittadinanza. Questa esigenza coincideva perfettamente con la filosofia individualista dei padri fondatori: é in America che venne per la prima volta riconosciuta una società esclusivamente composta da individui e non da gruppi sociali,il capitalismo si definiva lui stesso come un individualismo orientato nel possesso dei beni. E quello che constatava Christopher Lasch quando scriveva  he<<gli Stati Uniti, la soppressione delle radici è sempre stata percepita come la condizione essenziale all’aumento delle liberté». Ed e anche per questo che l’America si è sempre considerata come una civiltà dello spazio piuttosto che una civiltà del tempo. ll suo mito fondatore non è l’origine ma la frontiera e l’aspirazione alla conquista dello spazio. [...]
Ma gli americani non hanno soltanto voluto rompere con l’Europa. Hanno anche voluto creare una società nuova suscettibile di rigenerare l’umanità  intera. Hanno voluto fondare una nuova terra promessa che potesse diventare il modello di una Repubblica universale. Questo tema biblico, che é al centro del pensiero puritano, ritorna come un vero leitmotiv di tutta la storia americana sin dall’epoca dei padri fondatori. [...] Abbiamo dunque da una parte l’isolazionismo: bisogna separarsi dal mondo esterno, reputato cattivo e corrotto; e dall’altra la <<crociata»:il mondo intero deve progressivamente essere penetrato dai valori universali del sistema americano. Questo spiega il perché gli americani fanno la guerra. Scartata la natura politica, la guerra è per loro innanzitutto una crociata morale: non basta ottenere la vittoria, ma è necessario annientare il nemico, che é visto non come un semplice avversario del momento, ma come l’incarnazione del male con la M maiuscola.
[...] Quest’unica certezza messianica ha sempre ispirato una politica estera di cui l’unico Principio é che ciò he è buono per l’America lo è automaticamente per il resto del mondo, tanto che dai propri alleati ci si aspettano soltanto un appoggio finanziario e degli applausi. Secolarizzazione dell’ideale puritano, questa politica estera riposa sull’idea che la  sola mancanza di informazione o la malignità intrinseca dei loro dirigenti può spiegare la reticenza dei popoli del mondo ad adottare il modo di vivere americano. [...] Rappresentando il modello alla perfezione, gli americani non hanno bisogno di conoscere gli altri.
Ma é compito defli altri di adottare il loro modo di vivere: l’America non ha niente da im arare ma tutto da insegnare. Eli] In sostanza, per gli americani,il mondo esterno semplicemente non esiste, piuttosto esiste se non in quanto si americanizzi, condizione necessaria perché diventi comprensibile. Qualche anno  già, lo scrittore francese Philippe de La politica estera Usa é sempre stata guidata da una pretesa di superioritiz Saint Robert diceva che <<g1i Stati Uniti dovrebbero essere, per decreto internazionale, interdetti di una politica mondiale». Ovviamente parliamo di molto tempo fa... Ma già dal 1973, Herry Kissinger metteva in guardia i suoi compatrioti contro i rischi di vedere l’Europa diventare una zona economica e politica auto-sufficiente, e dunque un potenziale rivale. Questa timore non ha mai abbandonato gli Stati Uniti. E una delle ragioni per le quali la potenza americana continua ad installarsi, con più cinismo che mai, come gendarme del mondo (
. [...]
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globocop»).
In Europa centrale e orientale, gli americani tutelano i loro vantaggi e installano e le loro pedine. Per mezzo dell’alleanza atlantica e della Nato, provano a ricreare dei legami di interdipendenza che nei fatti mirano ad accentuare la dipendenza militare, tecnologica, industriale e politica dei suoialleati. Attraverso i grandi mezzi di informazione mediatica mondiale, intervengono in maniera sempre pifi pesante nella vita culturale degli europei. Pifi che mai, l’Europa non ha il diritto di intervenire da loro. Ma loro possono intervenire ovunque. I1 grande progetto attuale del Trattato Transatlantico (Ttip) si iscrive in questo contesto. Si tratta per gli Stati Uniti, attraverso questo patto, innanzitutto di mantenere e di assicurare la loro egemonia mondiale togliendo alle altre nazioni la gestione dei loro scambi commerciali a beneficio delle multinazionali largamente controllate dalle loro élite finanziarie, dopodiché di far diluire la costruzione europea in un vasto insieme inter-oceanico senza alcun sussulto geopolitico, e di fare dell’Europa il proprio cortile di casa, consacrando di fatto l’Europa-mercato a discapito dell’Europa potenza. Già ieri l’atlantismo era insostenibile. Oggi invece é diventato insopportabile. In nome di cosa i Paesi europei accetterebbero sul loro territorio delle truppe straniere che a parole li proteggono contro un pericolo che non esiste pin‘? A nome di cosa possono tollerare nella loro sfera di influenza l'intervento di un Paese che gli ha sempre impedito di intervenire nel proprio?
<L’Europa può definirsi ed esistere soltanto a partire dalla sua liberta», diceva il vecchio ministro degli affari esteri francese, Michel Jobert. Ma vuole farne uso, lei che appare ogni giorno che passa sempre più  impotente e paralizzata‘?
D’altronde di che Europa parliamo? Di un’Europa potenza o di un’Europa mercato? L’antiamericanismo è oggi diventato anacronistico», abbiamo letto un po’ di tempo fa in un settimanale parigino. E del tutto vero.
Come del resto è  sempre anacronistico» rifiutare l’occupazione del momento, di opporsi all’ideologia dominante, di andare controcorrente, di non gridare con i lupi. [...] Era anacronistico non essere stalinista negli anni Cinquanta, di sinistra negli anni Sessanta, socialdemocratici negli anni Settanta, liberali negli anni Ottanta. Oggi, è ugualmente anacronistico - Nietzsche avrebbe detto <<intempestivo» o d’inattuale» - non accettare l’egemonia americana. Ma questo anacronismo é forse il modo migliore per essere puntuali in questo appuntamento con la storia. Cristoforo Colombo ha scoperto l’America più di 500 anni fa. Il momento è arrivato per l’Europa di dimenticarlo e di riscoprire se stessa.






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