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“Io accolgo tutti omosessuali e trans ma il gender a scuola è una cattiveria”

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Cronaca
Il Papa.
La difesa del matrimonio e l’orientamento sessuale. Di ritorno dal Caucaso, parla Francesco

MARCO ANSALDO
DAL NOSTRO INVIATO
A BORDO DEL VOLO BAKU-ROMA.
«Grazie come sempre del vostro lavoro. Domandate quello che volete», dice Papa Francesco ai giornalisti che lo hanno accompagnato nei tre giorni di viaggio nel Caucaso, prima in Georgia e poi in Azerbaigian.

Santità, lei in Georgia ha detto che la teoria del gender è il grande nemico del matrimonio. Ma cosa direbbe a una persona che sente che il suo aspetto non corrisponde a quella che considera la propria identità sessuale?

«Nella mia vita di sacerdote, di vescovo e di Papa io ho accompagnato persone con tendenze e anche pratiche omosessuali. Li ho avvicinati al Signore e mai li ho abbandonati. Le persone si devono accompagnare, come faceva Gesù. Quando una persona che ha questa condizione arriverà davanti a Gesù, lui sicuramente non dirà: vattene via perché sei omosessuale. No. Io ho parlato di quella cattiveria che oggi si fa con l’indottrinamento della teoria gender. Un padre francese mi raccontava del figlio di dieci anni: alla domanda “cosa vuoi fare da grande” ha risposto: la ragazza! Il padre si è accorto che nei libri di scuola si insegnava la teoria gender, e questo è contro le cose naturali. Una cosa è la persona che ha questa tendenza, o anche che cambia sesso. Un’altra è fare insegnamenti nelle scuole su questa linea, per cambiare la mentalità: io chiamo questo colonizzazione ideologica».

In che modo accompagnare?

«L’anno scorso ho ricevuto la lettera di uno spagnolo che mi raccontava la sua storia. Ha sofferto tanto perché lui si sentiva un ragazzo ma era fisicamente una ragazza. Ha raccontato alla mamma che avrebbe voluto operarsi e lei gli ha chiesto di non farlo finché era viva. Quando è morta, lui si è fatto l’intervento. È andato dal vescovo che lo ha accompagnato tanto, era un bravo vescovo. Poi ha cambiato la sua identità civile, si è sposato e mi ha scritto che per lui sarebbe stata una consolazione venire da me con la sua sposa. Lui che era lei ma è lui. Li ho ricevuti, erano contenti. Capito? La vita è vita, le cose si devono prendere come vengono. Il peccato è peccato, ci sono le tendenze, gli squilibri ormonali, esistono tanti problemi. Ma in ogni caso bisogna accogliere, accompagnare, studiare, discernere e integrare. È un problema umano, e si deve risolvere come si può, sempre con la misericordia di Dio».

Lei ha detto anche che è in atto una guerra mondiale contro il matrimonio, e ha usato parole molto forti contro il divorzio dicendo che sporca l’immagine di Dio. Ma al Sinodo lei ha parlato di accoglienza dei divorziati. Come si conciliano queste due visioni?

«Quando si parla del matrimonio, come l’ha stabilito Dio, si parla di un uomo con una donna. È vero che la cultura di oggi, e anche alcune filosofie, portano a questa guerra mondiale contro il matrimonio. Dobbiamo stare attenti a non farci limitare da queste idee. Nell’Enciclica “Amoris Laetitia” si parla del fondamento del matrimonio, di come trattare le famiglie ferite. Ma le debolezze umane esistono, come i peccati. L’ultima parola deve averla la misericordia. Poi, quando in una coppia arrivano i problemi, si devono risolvere con quattro accorgimenti: accogliere, discernere, accompagnare e integrare. C’è il peccato, c’è la rottura, ma c’è la cura e la misericordia ».

Quando farà i nuovi cardinali, a quali criteri si ispirerà?

«Gli stessi dei due Concistori precedenti. Ancora sto studiando i nomi. Due di un continente, uno di una parte, uno di un’altra. La lista è lunga, ma ci sono solo 13 posti. Il criterio è l’universalità della Chiesa. Non solo l’Europa, dunque, perché la Chiesa è ovunque nel mondo. Il Concistoro potrà essere alla fine dell’anno o all’inizio del prossimo».

Lei ha accennato ai suoi prossimi viaggi in Africa e Asia nel 2017. E anche al Portogallo. Quando? E dove andrà?

«Andrò solo a Fatima in Portogallo. In India e Bangladesh è quasi certo, in Africa non è ancora sicuro il Paese. In America quando in Colombia il processo di pace sarà definitivo, e vincerà il plebiscito, allora andrò».

Giovanni Paolo II dispose di fare bruciare tutte le sue carte, alla morte. Invece sono state conservate. Lei come giudica questa decisione?

«Non ho approfondito la questione. Io credo che una persona abbia diritto di fare testamento come vuole».

Ma si trattava del Papa.

«Il Papa è un povero peccatore come altri».

Lei oggi ha detto che fare questi suoi viaggi brevi, in Paesi come quelli appena toccati, non significa perdere tempo. Che cosa intendeva?

«Il primo viaggio in Europa l’ho fatto in Albania, un Paese che non è cattolico, poi la Bosnia Erzegovina, lo stesso. Solo con la Grecia sono andato fra i cattolici. Questi tre affrontati ora, Armenia, Georgia e Azerbaigian, sono diversi sotto il profilo religioso. Ma hanno atteggiamenti spirituali intensi. Perché io vado lì? Per i cattolici, per andare nella periferia dei cattolici, come ho fatto oggi in Azerbaigian dove ci sono soltanto 600 fedeli. Però dalle periferie si vede meglio che dal centro».
©RIPRODUZIONE RISERVATA

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