Quantcast
Channel: Articoli interessanti
Viewing all articles
Browse latest Browse all 4980

IL BURKINI E LA CRISI DELLO STATO LAICO

$
0
0
COMMENTI

MARC LAZAR
IL CONSIGLIO di Stato, la più alta giurisdizione amministrativa francese, ha dunque dato ragione alle istanze della Lega dei diritti dell’Uomo e al Comitato contro l’islamofobia in Francia: si è pronunciato contro il divieto del burkini decretato dal comune di Villeneuve-Loubet sulla Costa Azzurra, ritenendolo «gravemente lesivo, in maniera manifestamente illegale, delle libertà fondamentali, che sono la libertà di andare e venire, la libertà di coscienza e la libertà personale», dato che l’uso di tale indumento non provoca turbamento dell’ordine pubblico. C’è da scommettere che questa decisione sarà difficilmente capita dal 64% dei francesi, che in un recente sondaggio si sono detti contrari al burkini. E certo non placherà le polemiche esplose da vari giorni.
La loro virulenza si spiega nel contesto attuale, particolarmente pesante, soprattutto a causa del terrorismo. Dal 1° gennaio 2015 ad oggi le azioni rivendicate dall’Isis hanno causato ben 225 morti. Da un confronto con l’Italia degli anni di piombo vediamo che tra il 1969 e il 1987 si sono registrati 491 decessi dovuti ad attentati di estremisti di destra o di sinistra. In 18 mesi in Francia si conta quasi il 46% del totale delle vittime italiane in 18 anni. Basta questo dato per dare un’idea dell’intensità della violenza in atto sul territorio francese, e spiegare perché qui si hanno i nervi a fior di pelle. A ciò si aggiungono i preparativi alle elezioni presidenziali, nei quali ogni candidato cerca di portare acqua al suo mulino, puntando in particolare sul problema della lotta al terrorismo e sull’atteggiamento da adottare nei confronti degli islamisti, ma anche dei musulmani in genere.
Il burkini, che manifestamente corrisponde a un’azione concertata degli islamisti estremisti, ha dunque aperto una duplice linea di frattura. Da un lato, la contrapposizione tra chi lo condanna in nome dei valori della Francia e della Repubblica, e chi pur non apprezzandolo si schiera in favore della libertà e della tolleranza.
La seconda linea di frattura, che divide gli oppositori del burkini, riguarda il modo di procedere. C’è chi reclama un puro e semplice divieto, perché la democrazia deve dar prova di fermezza a fronte dell’offensiva tesa a un’islamizzazione della società francese; e chi invece fa appello alla presa di coscienza delle donne musulmane, temendo che le misure repressive servano solo a rafforzare la propaganda dei salafiti, secondo la quale i musulmani sarebbero stigmatizzati in Francia, e dovrebbero quindi sostenere l’Is.
Ma si è colpiti anche da un’altra divisione, sia a destra (a parte quella estrema di Marine Le Pen, comunque ostile al burkini), sia soprattutto a sinistra, tra i fautori di una posizione universalista, laica e repubblicana — tra cui ad esempio Nicolas Sarkozy e Manuel Valls— e i difensori del multiculturalismo e dei diritti delle «minoranze oppresse», i quali formano a sinistra lo schieramento degli «islamo- gauchistes». Una contrapposizione analoga si ritrova in campo femminista, tra chi condanna quel tipo di indumento come simbolo di un insopportabile regresso rispetto alle conquiste delle donne, e chi pur non amandolo affatto, denuncia l’umiliazione, il razzismo e il sessismo subito dalle donne quando sulle spiagge vengono costrette a togliersi il burkini.
A un livello ancora più profondo, questa polemica pone in luce la crisi della laicità, pilastro per eccellenza della società francese. In altri termini, si mette in discussione l’assoluta neutralità dello Stato, per cui non si tollera alcuna pressione sulla libertà di coscienza, di credere o di non credere, di praticare una religione o meno. Gli islamisti estremisti, minoritari ma molto visibili, hanno deliberatamente provocato e sfidato questi principi e questa prassi. E lo hanno fatto proprio con l’abbigliamento imposto alle donne al di fuori della cerchia privata o familiare e dei luoghi di culto, e al di là dello spazio pubblico (la strada), fin nel perimetro qualificato come repubblicano o di pertinenza dello Stato: la scuola pubblica, le amministrazioni, gli ospedali e tutto ciò che rientra nell’ambito politico. Da oltre vent’anni, da quando cioè sono iniziati gli scontri ricorrenti con alcuni adepti dell’Islam, si sono istituite commissioni e diramate circolari ministeriali; il Consiglio di Stato ha preso alcune decisioni, e sono state varate due leggi: la prima, del 2004, proibisce gli indumenti o segni ostentativi (non nascondibili) di appartenenza religiosa nelle scuole pubbliche francesi; la seconda, adottata nel 2010, vieta di dissimulare il volto nello spazio pubblico (integrando così per la prima volta questa nozione nel diritto, cosa che non ha mancato di suscitare controversie e ricorsi amministrativi e giuridici). Tutte queste disposizioni e misure rivelano un profondo malessere, dovuto all’assenza di un’organizzazione gerarchica tra i musulmani, oltre che al rapporto specifico tra religione e politica nell’Islam.
Ciò che sta accadendo in Francia si comprende poco all’estero. I media internazionali hanno visto spesso con indignazione come i poliziotti costringevano le donne a togliersi il burkini sulle spiagge, o ad allontanarsi dalla riva del mare. Su questa questione la Germania e l’Italia si sono pronunciate in favore di un comportamento liberale. Ma cosa accadrebbe se l’uso del burkini si generalizzasse nei giorni a venire, o nella prossima estate?
Traduzione di Elisabetta Horvat
©RIPRODUZIONE RISERVATA
“ La decisione del Consiglio di Stato difficilmente sarà condivisa dal 64 per cento dei francesi che in un sondaggio si sono detti contrari

Viewing all articles
Browse latest Browse all 4980

Trending Articles