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Edhi, l’angelo dei poveri mendicava per strada per comprare ambulanze

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mondo
Il personaggio.
Venerato da Malala, chiamato la Madre Teresa dei musulmani, è morto a 88 anni
L’ULTIMO SALUTO - In migliaia a Karachi hanno omaggiato il filantropo Abdul Sattar Edhi, morto a 88 anni per un’insufficienza renale

RAIMONDO BULTRINI
BANGKOK.
L’ultimo viaggio Abdul Sattar Edhi l’ha compiuto su una delle ambulanze che portano il suo nome, benedette ogni volta che giungono a salvare i feriti in un Paese come il Pakistan dilaniato da terrorismo, criminalità e disastri naturali. Anni fa chiesero a questo venerato filantropo, più volte candidato al Nobel per la Pace, perché i suoi mezzi di soccorso raccogliessero oltre ai musulmani anche indù e altri “infedeli”. «Perché l’ambulanza è più musulmana di te», rispose il vecchio saggio, morto ieri per insufficienza renale all’età di 88 anni.
La sua statura morale è stata paragonata a santi come Madre Teresa e centinaia di migliaia di persone hanno partecipato al funerale di Stato per un uomo umile e parco che possedeva solo due ricambi di tuniche grigie tradizionali e imponeva un analogo ascetismo alla famiglia nel piccolo appartamento di Karachi vicino alla sede della sua Fondazione creata nel 1950 con la moglie Bilquis. Non solo non ha mai accettato donazioni da benefattori di dubbia fama, ma navigava controcorrente nel sistema amministrativo corrotto e diffuso nelle città e province dove nonostante tutto in 66 anni ha aperto 300 centri Edhi.
Come la prima volta quando elemosinò in strada per comprare la prima ambulanza sgangherata, fino alla vecchiaia e ai primi guai con i reni ha raccolto offerte seduto agli incroci a gambe incrociate assieme ai suoi volontari, un esercito del bene che ha speso ogni rupia in innumerevoli attività umanitarie. «Ha dato la vita per la vita e la felicità degli altri», ha detto di lui la giovane Nobel pachistana Malala Yousufzai proponendolo per il premio della Pace. «Non ho mai visto nessuno come lui». «È responsabilità di tutti prendersi cura degli altri», si scherniva lui ogni volta che gli veniva conferito un riconoscimento.
Ma Edhi, ex profugo dal Gujarat durante la sanguinosa partizione del ’47, per seguire quella che chiamava la sua “vocazione” al servizio di chi soffre senza badare a censo e religione, tagliò i ponti con la comunità di islamici Memon che finanziava le sue prime opere di carità ma solo a beneficio dei seguaci della setta. Era la fine degli Anni ’40 ed Edhi si imbarcò per un lungo viaggio in Europa in cerca di soldi e sostegno, passando anche da Roma. Alla stazione Termini gli rubarono le scarpe e lui continuò scalzo finché non gli furono regalati degli stivali due misure più grandi.
Tornato con il primo gruzzolo, gettò le basi del più grande servizio di ambulanze gratuite del Pakistan e dell’Asia: 2.000 veicoli con la scritta rossa su campo bianco che oggi prestano soccorso in vece dello Stato durante ogni genere di emergenza nazionale. Come negli Anni ‘50 i volontari raccolgono anche i cadaveri abbandonati lungo strade, fiumi e discariche. La fondazione Edhi gestisce anche 8 ospedali gratuiti e centinaia di piccole cliniche e dà assistenza legale alle donne, ai bambini e ai prigionieri, accoglie malati di mente, vecchi e orfani abbandonati. La maggior parte ha un lettino protetto da occhi indiscreti chiamato Jhoola, culla, dove chiunque può lasciare un figlio indesiderato. Migliaia di infanticidi sono stati così evitati e i “figli della Jhoola” sono cresciuti e hanno potuto studiare, spesso come figli adottivi di Edhi e di sua moglie, quando non c’erano le condizioni per un affidamento. Ben 16mila oggi portano il loro nome.
©RIPRODUZIONE RISERVATA


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