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I resti del Klan che tifano per Trump

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MONDO
IL RACCONTO

VITTORIO ZUCCONI
FOTOGRAFIE DI PETER VAN AGTMAEL
Croci infuocate, matrimoni e odio razziale: dal Maryland al Tennessee, gli ultimi affiliati del KKK sperano nella vittoria del tycoon Piccolo, ma velenoso come una vipera nascosta sotto i cappucci bianchi, il serpente delle tre K si scuote dall’ibernazione in questo 2016 di derive politiche e trova nel nome di Donald Trump la speranza di mordere ancora.
Fatto di donne e uomini qualsiasi, nell’eterna reincarnazione della normalità che si distilla in odio razziale e si rifugia nello squallore delle carnevalate in costume, di ragazzine bendate da loschi vecchi in cerimonie di iniziazione, l’ultimo Ku Klux Klan languiva dopo la fiammata degli anni Sessanta. Confinato negli Stati del Sud Est più segreto, dove vivono i forse 8 mila “cavalieri incappucciati” che ancora sognano la purificazione razziale del loro squallore, mentre disperatamente strappano un’esistenza a campeggi e vecchie Buick scalcagnate. Ma il Klan non si è mai estinto. È sopravvissuto ai margini della società americana, esiliato nelle contee rustiche, negli acquitrini del grande Delta, più ferino che feroce come narrano queste immagini, aspettando l’avvento di un nuovo messia che riprendesse la voce degli irriducibili suprematisti bianchi.
Nella modestia dei propri numeri e della propria esistenza, nella polverizzazione dei gruppuscoli sparsi in una dozzina di stati dalla Florida all’Arkansas, dall’Alabama al Tennessee, il Klan non è una forza elettorale capace di estendere la propria influenza oltre le Primarie, dove i pochi sembrano molti nell’illusione ottica dei piccoli numeri. Non possono spostare le elezioni generali per la Casa Bianca, misurate in decine di milioni. Ma i cavalieri delle croci infuocate e dei cappi lanciati sui rami per i linciaggi, che cominciarono a galoppare dopo il 1865, creati dai “boia chi molla” sudisti sconfitti nella Guerra civile per “rimettere al loro posto” quei “negri emancipati” sono l’avanguardia di una carovana disperata e nascosta nella foresta dei monti e dell’anonimato. E trovano oggi nei musulmani e nei latinos, come ieri nei cattolici, negli ebrei, nei neri, nei “non bianchi protestanti”, l’alibi per i loro fallimenti di uomini e donne. Il KKK, che pare debba alla parola greca Kyklos, circolo, le proprie kappa, è la spia di ciò che dorme sotto l’apparenza ciarlatana del candidato accidentale del partito Repubblicano, che fu di Lincoln.

L’investitura data a Trump da uno dei suoi “Grandi Maghi” e già effimero candidato alla Casa Bianca, David Duke, ha ufficializzato l’adesione degli incappucciati all’ideologia trumpista, che The Donald riassume in quelle quattro parole, “ Make America Great Again”, facciamo l’America di nuovo grande, all’apparenza innocua, ma in codice significa: ripuliamo l’America da meticci, neri e stranieri e cancelliamo l’onta di quel mezzosangue africano che ha usurpato lo Studio ovale. Non ci possono essere smentite, nè rifiuti, che pure Trump, dopo aver spudoratamente detto di non avere mai sentito nominare Duke, ha opposto in un soprassalto di vergogna, che possano incrinare il disperato, velenoso entusiasmo degli ultimi cavalieri della notte rimontati in sella per seguire The Donald. Che lui sia l’esatto opposto di quei profughi a mano armata dell’America rurale che lo adorano, lui il newyorchese sbruffone, miliardario, bancarottiere, lupo alfa cacciatore di lupe di ogni branco, non li turba. Il nemico comune,“l’altro”, il non bianco, il non americano, giustifica la nuova carica dei poveri lancieri del KKK in guerra con un passato che sognano di riscrivere.


IL FOTOGRAFO
Peter Van Agtmael, nato nel 1981 a Washington DC, ha studiato Storia a Yale, dove si è laureato nel 2003. Dal 2006 lavora al racconto delle conseguenze dell’ 11 settembre, negli States e nel mondo. Nel 2008 è entrato nell’agenzia Magnum, di cui è diventato membro nel 2013. Ha pubblicato il libro “ 2nd Tour Hope I Don’t Die” ( Photolucida, 2009)
LA TORTA E OBAMA COME BERSAGLIO
Tennessee: la torta di matrimonio della coppia di membri del Ku Klux Klan e i “ piattelli” con l’immagine di Barack Obama usati per il tiro al bersaglio dai partecipanti alla “ festa”
LE NOZZE
Cappio, fiori e cappucci: la coppia di membri del Ku Klux Klan si è sposata nel fienile di una fattoria del Tennessee con una cerimonia segreta e i rituali del gruppo razzista, che si stima abbia 190 cellule attive negli Stati Uniti ( e tra i 5mila e gli 8mila affiliati)
FOTO: © CONTRASTO MAGNUM

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