la crisi dei migranti
Un’imbarcazione si sarebbe rovesciata sabato: “Partiti dall’Egitto” Mancano conferme ufficiali. I superstiti: “Centinaia in mare”
GIAMPAOLO CADALANU
L’ultima strage di migranti è avvolta nel mistero: le prime confuse testimonianze sono arrivate da un gruppo di superstiti approdati all’isola greca di Kalamata, dopo essere stati raccolti in mare da un cargo commerciale.
I profughi, tutti provenienti da paesi africani come Eritrea, Sudan, Somalia, Egitto, hanno raccontato di aver intrapreso la traversata su una nave con 500 persone a bordo, che ha finito per capovolgersi in mare. Un testimone, Awale Warsame, ha raccontato alle agenzie stampa di essere fra i superstiti dei 500: sarebbero rimaste in vita solo 23 persone, che si erano aggrappate ai resti di legno della barca naufragata. I profughi, ha detto, erano partiti da Alessandria d’Egitto il 7 aprile. La barca si era rovesciata il 12 e solo cinque giorni più tardi una nave filippina li ha portati in salvo sull’isola greca. Fino a tarda sera, nessuna conferma ufficiale è arrivata dalle autorità greche o egiziane, né dalla Guardia costiera italiana. Tutto questo a un anno preciso dalla strage di eritrei nel canale di Sicilia, quando in un naufragio morirono 800 profughi.
Ma la storia è tutt’altro che chiara: ieri pomeriggio il tam tam dei siti di informazione e della agenzie stampa parlava di 400 annegati, su quattro barche affondate dopo la partenza dall’Egitto. La fonte era un fantomatico “ambasciatore somalo”,
che avrebbe segnalato la tragedia al sito in arabo della
Bbc. In serata però la stessa emittente britannica attribuiva la notizia a “una donna somala” non identificata, che sosteneva di avere tre figli su una barca che si era rovesciata. Poi è arrivata la prima conferma della autorità di Mogadiscio, che hanno espresso le condoglianze per “200 persone annegate”.
Quale che sia il conto finale della sciagura, la notizia vale comunque come conferma che una nuova “via” del traffico di esseri umani è stata aperta. Due fattori fondamentali hanno imposto agli scafisti la scelta: da una parte l’accordo fra Unione europea e Turchia per fermare i profughi in fuga attraverso l’Egeo o sul percorso di terra attraverso i Balcani, dall’altra l’arrivo a Tripoli del nuovo governo, sostenuto dai paesi occidentali e dunque senza dubbio sensibilizzato dagli “sponsor” al problema delle migrazioni. E per i trafficanti di esseri umani la rotta alternativa diventa tanto più redditizia quanto la situazione politica nel Corno d’Africa diventa complicata. Già a febbraio e ad aprile il Guardacoste italiano, intervenuto in soccorso a due barche di migranti, si è trovato di fronte centinaia di disperati che hanno raccontato di aver salpato verso l’Europa dalle coste dell’Egitto.
L’apertura di una rotta “egiziana” è considerata dagli esperti una cattiva notizia, perché il percorso più lungo impone ai trafficanti l’uso di barche più grandi con diverse centinaia di migranti a bordo. L’organizzazione dei trafficanti è guidata secondo gli investigatori delle procure siciliane dal giovane armatore egiziano Ahmed Mohamed Hanafi Farraq, ricercato in Europa e in patria. È una organizzazione raffinata, che ha sviluppato la tecnica delle “navi madre” di grande tonnellaggio: le usa per trasportare più persone, imponendo poi la sosta al largo, per far sbarcare poi i migranti sulle coste europee con barchini piccoli, meno identificabili e più facilmente sacrificabili in caso di sequestro o affondamento.
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Naufraghi
Il gommone individuato sabato: i migranti sono stati salvati dalla nave privata SOS Mediterranée, a largo di Lampedusa
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