politica e società
GLI IMPRENDITORI
LUCA PAGNI
MILANO.
«Il referendum è stato un’occasione persa. I cittadini, non solo in Italia ma anche nel resto d’Europa, continuano a ricevere messaggi contraddittori sul modello energetico dei prossimi anni. Solo pochi mesi fa, durante Cop 21 a Parigi hanno ascoltato promesse di un futuro a basse emissioni di Co2. Mentre ora si sono ritrovati a votare sulla possibilità o meno di estrarre idrocarburi del mare ».
Francesco Venturini, amministratore delegato di Enel Green Power è uno dei manager che sta ridisegnando il futuro dei nostri consumi. Guida uno dei colossi delle rinnovabili a livello mondiale con tecnologia italiana. Ma, paradossalmente, sostiene è più facile crescere negli Stati Uniti, dove sul modello di sviluppo hanno le idee più chiare. «In Europa - spiega Venturini - c’è troppa confusione e il pasticcio di questo referendum ne è una prova. Da due anni stiamo aspettando le linee guide che dovrebbero portarci a produrre almeno il 27 per cento di energie dalle rinnovabili, ma ancora di questi documenti non c’è traccia. Rischiamo il paradosso che il risultato del 27 per cento dovrà essere raggiunto nel complesso della Ue, ma poi ciascun paese potrebbe essere autorizzato a comportarsi in totale libertà. Così accade che la Polonia stia per varare un provvedimento che incentiva l’uso del carbone estratto dalle loro miniere e penalizza le energie eoliche raddoppiandone il peso fiscale». Maggiore chiarezza nelle politiche del Governo italiano è la richiesta che arriva dalle Pmi che operano nel settore della green economy. Simone Togni, in qualità di presidente dell’Anev, l’associazione dei produttori di energia eolica legata a Confindustria ne rappresenta centinaia. «In un paese normale avrei votato per il No. Invece, ho votato Si perché negli ultimi anni alle rinnovabili vengono opposte difficoltà di ogni tipo, quando tutti i sondaggi, e in parte anche il voto di oggi seppure minoritario, dimostra che c’è un ampia adesione della popolazione allo sviluppo delle fonti verdi. Dall’altra parte, invece, agli operatori degli idrocarburi sembra permesso qualsiasi cosa e trovano chi li difende sul fronte politico. Credo che questo dipenda anche dall’aver estremizzato lo scontro politico sul tema trivelle, quando invece avremmo dovuto parlare di quale sviluppo vogliamo per i prossimi anni».
Ma anche chi opera sul fronte degli idrocarburi chiede che ci sia meno confusione sulle strategie energetiche nazionali. Lo pensa Michele Governatori, presidente di Aiget, l’associazione dei trader che vendono all’ingrosso gas, uno dei nuovi “lavori” nati con la liberalizzazione del settore: «Il referendum ha indebolito le scelte del Governo perché ora le concessioni dovranno essere concesse in automatico e verrà meno la possibilità di contrattare i lavori di ripristino ambientale in cambio dei rinnovi. Inoltre, rischia di passare l’idea che i giacimenti debbano essere sfruttati in ogni caso. Invece, a questi prezzi le risorse naturali andrebbero preservate per essere estratte quando le quotazioni torneranno a salire. Si tratta di una ricchezza del paese e andrebbe utilizzata per il meglio».
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Francesco Venturini (Enel Green Power)