Quantcast
Channel: Articoli interessanti
Viewing all articles
Browse latest Browse all 4966

SE LA FRANCIA RISCOPRE LA POLITICA DELL’ASCOLTO

$
0
0

15/4/2016
COMMENTI

CHRISTIAN SALMON
IN un articolo apparso sulla rivista
Esquire nel novembre 1960, Norman Mailer sottolineava il divario apertosi dalla fine della Seconda guerra mondiale tra «la vita politica reale, concreta e incredibilmente noiosa da un lato, e dall’altro la storia sotterranea dei desideri romantici, solitari, inesplorati, quella concentrazione di estasi e violenza di cui è fatta la vita sognata dagli americani». Una situazione psicopolitica che Mailer condensava in una formula brillante: «I misteri irritati dai fatti». Ecco, riassunta in due parole, una diagnosi esatta, che ben si addice alla situazione politica francese di questa primavera del 2016. I fatti hanno irritato i misteri, e senza neppure la necessità del disincanto provvedono a smontare anche i miti meglio confezionati… È la miglior risposta immaginabile allo «storytelling » che dal 2007 ha invaso la vita politica francese. Un’azione simbolica collettiva che tracima da ogni parte, incurante dei canoni della comunicazione, delle «success stories» dei dirigenti e dei tempi delle campagne elettorali.
È ricomparso il popolo, quest’entità instabile dai contorni sfuggenti, e ha ripreso a parlare. È sceso in piazza innalzando cartelli improvvisati alla meglio, con parole come «condivisione», «solidarietà», «resistenza», brandite con rinnovata determinazione dopo che per trent’anni quelle stesse parole erano sfigurate dal discorso politico. È qui che si riconosce un movimento sociale inedito: nella capacità di creare i luoghi, i tempi e le forme di una nuova deliberazione democratica. Non una nuova narrativa di sinistra, l’epopea di un singolo, ma un modo nuovo di ascoltare e di intendere. Una grammatica e un’acustica nuove. Certe sere, sulla Place de la République erano riunite anche 2000 persone. Sopra le loro teste, striscioni appesi agli alberi, con le scritte «expropriation» e «nous sommes des millions». E sullo sfondo, a punteggiare la notte, i lampioni e le luci rosse e verdi dei taxi, i lampeggiatori della polizia, la girandola dei fari delle auto in corsa intorno alla piazza. E poi le insegne al neon del Crown Plaza o di Wall Street English, come strizzatine d’occhio al movimentoFrancia, Occupy Wall Street. Da un lato della piazza, uno striscione proclama: «I nostri sogni non entrano nelle vostre urne». Domenica 3 aprile l’applicazione Periscope ha ritrasmesso in streaming cinque ore di dibattiti, una maratona di parole che si riversavano come un lungo fiume, in spregio alla retorica tribunizia dei grandi comizi come della tensione narrativa dei serial politici. Sullo schermo nero di Periscope — dato che manca per ora l’illuminazione per i dibattiti — si indovinano, più che vederle, centinaia di persone, in piedi o sedute a gambe incrociate, e un balletto di mani volteggianti per votare o approvare; senza dimenticare, in primo piano, le due mani che traducono nella lingua dei segni. Un sfida all’audience, con punte di 80.000 collegamenti e 380.000 passaggi individuali cumulati nel corso della serata.
La storia dei popoli ha i suoi alti e bassi, come la vita sentimentale delle persone. In certi periodi a basso voltaggio la vita sembra oscurata; ma poi subentrano momenti di voltaggio alto, definiti irrazionali dai cinici. Momenti che non portano soluzioni prefabbricate, ma liberano i campi del possibile, aprono nuovi orizzonti narrativi. Le rivoluzioni sono colpi di fulmine, che col senno di poi si possono sempre denigrare come illusori, ma che trasformano in profondità le nostre percezioni. Come un uomo maturo che si sorprende a comprare un mazzo di fiori per la donna amata, il popolo francese ritrova periodicamente la strada del fioraio. All’improvviso il suo umore si fa primaverile. E scende per strada, invade le piazze. Rieccolo, il cittadino scomparso dalle campagne elettorali mortificate dalla stupida narrativa che voleva farci scegliere un candidato come una marca, in un movimento di simpatia sviata. Rieccola, la politica non come un serial televisivo, ma come un momento di discussione intensa. Perché — l’avevamo dimenticato — non esiste altra forma di democrazia dell’assembramento spontaneo di una folla arrabbiata. La quale dà vita a un primo forum, e inaugura il grande dibattito civico che fonda la democrazia.
È ancora solo il primo abbozzo di un movimento. Guardiamoci dagli eccessi nell’interpretarne l’importanza, evitiamo di intimidirlo con precedenti storici come le rivolte arabe o i movimenti di occupazione, da Madrid a New York. Le prime, che fronteggiavano regimi dittatoriali, li hanno rovesciati; gli altri, col privilegio dell’inedito e della sorpresa, hanno prodotto effetti politici reali, dal fenomeno Podemos alla campagna di Bernie Sanders. Non si può gravare questo movimento di ambizioni del genere. Ciò che in questo momento si sta giocando a Parigi è un divorzio: non la separazione solenne tra Chiesa e Stato, ma quella dell’Ecclesia dallo Stato: Ecclesia nel significato ateniese di assemblea dei cittadini. Da un lato la politica istituzionale (governance) con le sue assemblee, il suo esecutivo, la sua agenda, il suo sistema di riproduzione delle élite; dall’altro la massa dei cittadini che le volta le spalle, e cerca i mezzi per auto-organizzarsi e riappropriarsi del dibattito pubblico. Perché qui non si tratta di sedurre o di convincere, e neppure, a ben vedere, di esprimersi. La drammaturgia dell’evento è una drammaturgia e una politica dell’ascolto. Come se tutte le voci che si esprimevano avessero trovato uno spazio, come se avessero trovato un’acustica.
( Traduzione di Elisabetta Horvat) Christian Salmon è autore de “ La politica nell’era dello storytelling”, Fazi Editore
©RIPRODUZIONE RISERVATA
“ È sceso in piazza il popolo entità instabile e ha ripreso a parlare

Viewing all articles
Browse latest Browse all 4966

Trending Articles