di Claudio Cerasa
Se gli ayatollah, ha concluso Ryder, “dovessero scegliere di non farlo, ancora una volta, come sottolineato nella dichiarazione della coalizione internazionale, ci saranno delle conseguenze”. L’Iran, già. Le tensioni nel Mar Rosso, se mai ce ne fossimo dimenticati, sono lì a ricordarci che l’Iran è il più grande stato sponsor del terrorismo al mondo. L’Iran ha una rete di gruppi terroristici che sostiene con forza, come Hamas, a cui ha offerto il massimo sostegno nell’organizzazione e nella rivendicazione degli attacchi del 7 ottobre. Ha una rete che comprende il Jihad islamico palestinese a Gaza, Hezbollah in Libano (che hanno munizioni a guida di precisione, un inventario da 150.000 a 200.000 di mortai, razzi e missili per gentile concessione della Repubblica islamica dell’Iran), gli houthi nello Yemen (Biden ha rimosso gli Houthi dalla lista delle organizzazioni terroristiche all’inizio del suo mandato) e diversi altri gruppi in Iraq e Siria (per non parlare dei metodi da terroristi usati contro i dissidenti nel suo paese: chiedere a una donna a Teheran che vuole manifestare senza velo). E ogni volta che ne ha la possibilità, l’Iran fa un passo per destabilizzare l’occidente, attaccare le democrazie liberali e colpire i nervi scoperti delle società aperte. Prendete l’Ucraina, per esempio. Nell’ottobre del 2022, un anno e mezzo fa, il Pentagono ha confermato l’uso delle armi di Teheran nella guerra in Ucraina. Pochi giorni fa, il Wall Street Journal ha citato un rapporto secondo il quale la Russia sta progettando di acquistare missili balistici a corto raggio dall’Iran. “I progressi in questa regione – ha detto Henry Kissinger poco prima di morire, riferendosi al medio oriente – passano dalla presenza diretta e attiva della diplomazia americana. Gli Stati Uniti devono fare di tutto per rivitalizzare il proprio ruolo storico nell’area. Ma questo richiede che l’America riconosca che, mentre Gerusalemme rinnova il suo contributo per portare avanti un ordine regionale duraturo, non ci sarà mai pace duratura finché l’Iran circonderà Israele con decine di migliaia di armi avanzate”. La guerra a bassa intensità con l’Iran è ormai parte del film del conflitto in medio oriente. Il 23 dicembre, il segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Lloyd Austin, ha annunciato la formazione di una forza internazionale di sicurezza marittima, il cui obiettivo è frenare le attività iraniane nel Mar Rosso (l’Italia ha firmato il 3 gennaio, insieme con altri tredici paesi, un ultimatum contro gli attacchi nell’area delle forze houthi, ma non ha invece firmato il comunicato di sostegno agli attacchi della scorsa notte in Yemen, a differenza della Germania, dell’Olanda e della Danimarca). La scorsa settimana, ancora, l’Amministrazione Biden ha ucciso a Baghdad Moshtaq Talib al Saadi, leader di Harakat Hezbollah al Nujaba, una milizia filoiraniana. Il 9 gennaio, poi, Ali Hussein Barji, il comandante delle forze aeree di Hezbollah nel sud del Libano, è stato colpito, da un attacco israeliano, in un’auto nella città di Khirbet Selm, poco prima del funerale dell’alto comandante di Hezbollah Wissam al Tawil, ucciso ieri. Il 2 gennaio, infine, il numero due di Hamas, Saleh al Arouri, è stato ucciso a Beirut dagli israeliani. Ovunque ci si giri nel mondo, l’Iran è pronto a fare un passo per destabilizzare l’occidente, colpire le società aperte, imporre l’estremismo islamista, alimentare l’antisemitismo e portare avanti in tutte le forme possibili il suo obiettivo prioritario: cancellare dalla mappa Israele, colpire in tutti i modi possibili i paesi alleati di Israele e dare sostegno alle milizie radicali in tutto il medio oriente che aiutano l’Iran a combattere quella che Khamenei definisce “la cospirazione ebraica che controlla l’occidente”. Dal 1979, anno della rivoluzione iraniana, l’Iran ha al centro della sua agenda politica la distruzione di Israele. E il fatto che l’Iran, nell’indifferenza complice delle Nazioni Unite, sia al centro dell’asse del male che punta a destabilizzare in giro per il mondo l’occidente, dovrebbe farci ricordare ancora una volta quanto difendere Israele significhi difendere non solo la libertà del popolo ebraico ma anche la nostra. “Allahu Akbar, morte all’America, morte a Israele, una maledizione sugli ebrei, vittoria all’islam”, è il grido di battaglia degli houthi. A volte, per capire gli equilibri del mondo, per capire la fonte delle minacce, per inquadrare la sorgente del terrore mondiale, bisognerebbe semplicemente ascoltare, aprire gli occhi e prendere sul serio ciò che dicono i nemici dell’occidente. “Il regime della Repubblica islamica non ha portato altro che sofferenza e oppressione per l’Iran e gli iraniani. Il popolo dell’Iran merita libertà e prosperità e la loro insurrezione è legittima e necessaria per ottenere i loro diritti”. Le parole tra virgolette, a proposito di libertà, sono quelle di Badri Hossein Khamenei, la sorella della Guida suprema della Repubblica islamica Ali Khamenei. Al tribunale dell’Aia, oggi, dovrebbe esserci l’Iran, non Israele.