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Meloni scivola sul Mes

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La premier cerca di sbugiardare Conte, ma finisce sbugiardata dal foglio che agita al Senato
DI LUCIANO CAPONE

Roma. Tocca fare l’avvocato d’ufficio dell’Avvocato del popolo, considerato che l’imputato non intende difendersi da un’accusa falsa. Giorgia Meloni, prima alla Camera e poi al Senato, ha accusato Giuseppe Conte di aver firmato il nuovo trattato del Mes “con il favore delle tenebre”, ovvero nascondendolo al Parlamento e agli italiani. “Ricordo – ha detto Meloni – che l’unico mandato parlamentare sulla materia del Mes, nel 2019, impegnava il governo Conte a non ratificare la modifica del trattato”. Aggiungendo poi che l’Italia ha dato con il governo Conte “il suo assenso un giorno dopo essersi dimesso, senza mandato parlamentare, senza che ne avesse il potere, senza dirlo agli italiani”. 

Al Senato, sventolando un foglio con l’autorizzazione da parte del governo Conte a firmare l’accordo, con tono alterato Meloni ha detto che “dalla storia non si esce: la propaganda si può fare ma poi rimangono i fogli a dimostrare la serietà di chi parla”. Ma la prova della menzogna di Meloni e dell’innocenza di Conte è, paradossalmente, proprio sul foglio che la premier agita in Aula. 

“Vi ho portato un bel fax – dice Meloni ai senatori mostrando il foglio –. ‘Per il rappresentate permanente d’Italia presso l'Ue, ambasciatore Maurizio Massari. La s.v. è autorizzata a firmare l’accordo recante modifica del trattato che istituisce il Mes. Firmato: Luigi Di Maio’”. E quindi l’affondo della premier: “Questa firma è stata fatta un giorno dopo le dimissioni del governo Conte, quando era incaricato solamente per gli affari correnti, contro il parere del Parlamento, senza dirlo agli italiani, e con il favore delle tenebre!”. Non è affatto così. E’ vero che Conte ha dato le dimissioni il 26 gennaio e che la riforma del Mes è stata firmata dall’Italia il giorno successivo, il 27 gennaio, ma ciò che Meloni nasconde è quando il ministro degli Esteri ha inviato il messaggio all’ambasciatore presso l’Ue. Eppure lo si vede chiaramente, ingrandendo la foto, in testa al foglio, dove compare il numero di protocollo con la data: 2021-01-20. Il ministro Di Maio ha cioè mandato il messaggio il 20 gennaio, alle 16:25, sei giorni prima delle dimissioni di Conte, quando il governo era nel pieno delle sue funzioni. Ma questo Meloni non lo ha detto, appositamente per far credere che l’ordine è stato inviato il giorno della firma, il 27 gennaio, “dopo le dimissioni del governo”. 

Non è l’unica affermazione falsa della premier. Non è vero, ad esempio, che non c’è stata un’approvazione parlamentare. L’accordo sulla riforma del Mes venne raggiunto all’Eurogruppo del 30 novembre 2020. Prima di andare a Bruxelles, l’allora ministro dell’Economia Gualtieri informò il Parlamento che l’accordo si sarebbe concluso con la firma del nuovo trattato il 27 gennaio. Prima, però, era necessario un ulteriore passaggio politico: il vertice (Euro summit) dell’11 dicembre 2020. E prima c’è stato il consueto passaggio parlamentare, esattamente come quello concluso ieri da Meloni prima del Consiglio europeo. E’ nel dibattito parlamentare del 9 dicembre 2020 che c’è stato il passaggio parlamentare che ha dato a Conte il mandato di firmare il Mes. Il premier intervenne alla Camera dicendo che l’introduzione del backstop bancario, previsto dalla riforma, era “un obiettivo cardine per il nostro paese”. Vennero approvate due risoluzioni, sia alla Camera (Delrio-Crippa e Magi-Costa) sia al Senato (Licheri-Marcucci e Bonino-Richetti) che impegnavano il presidente del Consiglio “a esprimere il sostegno dell’Italia alla riforma del Mes”. Meloni dovrebbe ricordarlo, perché fu autrice di un animato intervento alla Camera che iniziava così: “Considero gravissimo, presidente Conte, che noi siamo chiamati a dare un mandato al governo circa la modifica del Mes...”. 

E’ vero che il governo Conte formalmente firmò il trattato del Mes il giorno dopo le sue dimissioni avvenute il 26 gennaio 2021: ma l’ordine è stato inviato il 20 gennaio 2021, mentre il consenso politico dell’Italia era già stato dato l’11 dicembre 2020, dopo aver ricevuto il mandato dal Parlamento il 9 dicembre. Tutto alla luce del sole, senza il favore delle tenebre. Come dice Meloni: “La propaganda si può fare, ma poi rimangono i fogli a dimostrare la serietà di chi parla”.



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