Secondo i “complottisti’ l’allora presidente fu fra i protagonisti della trappola per costringere il Cavaliere alle dimissioni. «Solo fumo» . Aveva 98 anni.
di Roberto Gressi
Il governo, il quarto dell’era Berlusconi, è alle corde. Diviso, non riesce a fare le riforme necessarie a rimettere in sesto il bilancio. La maggioranza è appesa a un filo, l’Italia rischia la bancarotta. Silvio Berlusconi sale al Colle e si dimette. Giorgio Napolitano affida a Mario Monti il compito di varare un governo sopra le parti, che porti il Paese fuori dai guai. Oppure no, o almeno non proprio.
La versione di Forza Italia e del Cavaliere è tutt’altra: ci fu un complotto europeo contro l’Italia e il suo governo, sotto la guida dei poteri forti, e il presidente della Repubblica fu il regista di una trappola preparata da tempo per decapitare chi aveva piena legittimità a governare, avendo vinto le elezioni. Due letture e uno scontro mai sopito nel tempo, con accuse ripetute a Giorgio Napolitano che le ha sempre respinte con decisione: «L’interpretazione che si pretende di dare ai fatti in termini di complotto è fumo, solo fumo».
Quella del 2011 fu un’estate drammatica. Oggi chiunque parla dello spread, ma allora gli italiani non sapevano nemmeno che cosa fosse. Si scoprì che quel numero si può ignorare quando è piccolo, ma è dinamite quando diventa grande. I conti saltano, non si riescono a pagare gli interessi sul debito, il Paese finisce in ginocchio. Sono mesi di fibrillazione. Esce fuori anche un acronimo: Piigs. Parola insultante, che raggruppa le nazioni che non riescono a tenere il passo. Ci sono la Grecia, il Portogallo, l’Irlanda, la Spagna. E c’è l’Italia. Il numerino, quello dello spread, partito a gennaio da 173, arriverà a metà autunno a segnare il suo record storico: 574 punti.
Il clima è torbido, ci sono le preoccupazioni di Bankitalia, gli allarmi della Bce, i moniti di Standard & Poor’s, ma soprattutto si sghignazza. In un attimo diventa virale il video in cui Angela Merkel e Nicolas Sarkozy, a Bruxelles, rispondono alle domande dei giornalisti. Gli chiedono se hanno fiducia in Berlusconi. Merkel, in imbarazzo, fa cenno di sì, poi incrocia lo sguardo sornione di Sarkozy, e tutti e due scoppiano a ridere. Il resto è un ruzzolare verso la crisi. Il 9 novembre Napolitano nomina Monti senatore a vita. Tre giorni dopo, il 12, alla fine di una giornata frenetica, Berlusconi si dimette. Il 16 novembre il presidente della Repubblica dà a Monti l’incarico per formare un governo tecnico.
Lo spread resterà alto ancora per poco, poi tornerà nei ranghi. La cronaca, più che asciutta, perché le vicende di quell’anno furono infinite, termina qui. Ma la polemica continuerà ad ardere sotto la cenere, fino a divampare di nuovo in un incendio, all’uscita di un libro di Alan Friedman dal titolo “Ammazziamo il Gattopardo”. Il giornalista rilancia la tesi del complotto, sostenendo che Giorgio Napolitano aveva già incontrato in giugno Mario Monti, con lo scopo di preparare il terreno per sostituire Silvio Berlusconi, raccoglie anche le confidenze di Carlo De Benedetti e Romano Prodi.
Il Giornale titolerà così la sua prima pagina: “Napolitano non è più il nostro presidente, nel 2011 Re Giorgio tramò in segreto con Monti per far fuori Berlusconi e il suo governo”. Giorgio Napolitano ha sempre respinto ogni accusa. In una lettera al Corriere dirà: «Nessuna difficoltà, certo, a ricordare di aver ricevuto nel mio studio il professor Monti più volte nel corso del 2011 e non solo in estate, apprezzando in particolare il suo impegno europeistico… ma i veri fatti sono noti e incontrovertibili. Ed essi si riassumono in un sempre più evidente logoramento della maggioranza di governo uscita vincente dalle elezioni del 2008… Le confidenze personali e l’interpretazione che si pretende di darne in termini di complotto sono fumo, soltanto fumo».