MOGOL
«Sanremo? Preferisco le partite»L'autore: «Battisti e Mango avrebbero meritato fortuna all'estero. Chiamatemi "poeta"»
di DANIELE PRIORI
“Ci sono quattordici capolavori nascosti dei quali parlare. Cantati dai più grandi: Mango, Dalla, Cocciante. Canzoni nuove che non conosce nessuno perché erano state messe in album che avevano venduto poco. Le abbiamo ritirate fuori e sono davvero una più bella dell’altra”. Parola di Mogol, al secolo Giulio Rapetti. Classe 1936. Il fuoriclasse del cantautorato che ancora, a 86 anni, si emoziona per dei successi ritrovati che, assieme al suo amico e collega Mario Lavezzi, ha voluto raccogliere in un nuovo progetto musicale intitolato proprio Capolavori nascosti. Mentre nel suo buen retiro, in Umbria, continua a portare avanti la sua ambitissima scuola per giovani autori, compositori, interpreti: il Cet (Centro Europeo di Toscolano) “dove io sono l’unico docente che non prende soldi”.
Maestro, Mogol, il suo pseudonimo, da qualche anno è diventato ufficialmente un suo secondo cognome. Ma come è nato?
“La Siae mi aveva chiesto una lista di pseudonimi. Ne mandai trenta. Nessuno andò bene, così ne inviai 120. E Mogol lo inserii perché era il generale delle Giovani Marmotte. Ma alla fine a scegliere fu comunque la Siae”.
Lei è il più grande autore di canzoni in Italia. Parola che preferisce a “paroliere”. Perché?
“Perché paroliere è la versione dispregiativa della parola autore, lo ha detto pure l’Accademia della Crusca. E’ come se chiamassi lei che mi sta intervistando giornalaio...”
Sono mestieri diversi, senza offendere nessuno...
“Esatto. Il paroliere è colui che crea le parole crociate sulla Settimana enigmistica”.
Che gioca con le parole...
“Noi invece non giochiamo con le parole”.
Che differenza c’è tra un paroliere o meglio un autore e un poeta?
“Quando uno è poeta lo decide la gente e generalmente lo si scopre solo cinquant’anni dopo che l’autore è morto”.
Serve addirittura mezzo secolo d’invecchiamento postumo?
“Ci sono canzoni che ho scritto più di cinquant’anni fa e dopo mezzo secolo ancora le cantano, quindi forse siamo quasi arrivati alla conquista del termine anche per me. (Ride) Del resto me lo hanno già attribuito il ministro Franceschini in un filmato, poi Vittorio Sgarbi e ora mi ha definito poeta anche il ministro Sangiuliano. Diciamo che comunque, per esserne proprio certi, dovrete aspettare che passino cinquant’anni dalla mia morte...” (Sorride)
Pasquale Panella che è un poeta contemporaneo, autore per Battisti dopo di lei, a suo giudizio ha fallito o ha solo esplorato altri aspetti della sua musica?
“Non posso esprimermi su un collega”.
Lei ha scritto per Battisti e poi, tra i tantissimi altri autori, anche per Gigi D’Alessio, una delle collaborazioni più recenti. Due artisti così diversi. Un autore che è sempre lo stesso, lei in questo caso, come si accosta a tanta differenza?
“Non pensando all’artista ma alla musica che è stata scritta. Ogni volta, ascoltando una melodia, mi chiedo cosa stia dicendo quella musica. La ascolto e cerco di capire. Quello musicale del resto è un vero linguaggio da interpretare alla perfezione”.
Lei è un generoso. Verso i giovani, verso la musica, verso il Paese. Battisti invece è stato un genio che si è sottratto volontariamente alla sua notorietà. Ha mai analizzato questa differenza di fondo ma sostanziale nel suo binomio eterno con Lucio?
“Lucio in realtà non si sottraeva. Ha parlato più volte con la stampa e anche alla radio. Ricordo una una trasmissione televisiva in cui un giornalista gli chiese come facesse a cantare con quella voce. Lui rispose con competenza che non voleva far sentire la voce ma comunicare. Battisti è stato un grande musicista di livello mondiale che ha avuto la sfortuna di non avere la promozione all’estero, a parte qualche disco fatto uscire in America ma solo per compiacerlo. Solo per questo non è diventato famoso in tutto il mondo, come d’altra parte avrebbero meritato lui e anche Mango, altro artista eccelso”.
A proposito di generosità. Lei ha detto in più interviste di non badare molto al denaro. Però Battisti disse di no alla sua richiesta di avere il 50% dei diritti. Secondo Lucio i testi scritti da lei valevano meno della metà di quello che complessivamente guadagnavate attraverso le vostre canzoni?
“Non era una questione di denaro ma di equità. Lo precisai subito a Battisti. Proposi di fare a metà tra noi. Quello che era giusto. Lui alla sera, quando glielo dissi, mi rispose di sì, poi al mattino dopo cambiò idea, forse dopo aver parlato con qualcuno che l’avrà influenzato”.
Torniamo ai testi. A quel “planando sopra boschi di braccia tese” che fu all’origine della folle voce che misero in giro su lei e Battisti filofascisti...
“Quelli erano anni di farneticazione totale. Le braccia tese sono anche fotografate sulla copertina del disco coi palmi verso l’interno, come a invocare Dio. Era un’immagine religiosa, non partitica. Il braccio teso del saluto fascista è uno solo, il destro. Quelle erano mani alzate con le dita aperta. C’era anche la copertina a testimoniarlo. Ma avevano deciso che eravamo fascisti perché non facevamo canzoni impegnate. Poi nel covo di via Gradoli delle Brigate Rosse hanno trovato la collana di Mogol-Battisti con tutti i nostri dischi. Ci ascoltavano di nascosto...”.
E poi c’è 29 settembre che è il giorno del compleanno di Berlusconi…
(Sorride) “Lui è di un mese più giovane di me!”
Invece la dedicò alla sua prima moglie, giusto?
“Gliel’avrei voluta dedicare, perché se lo meritava ampiamente. In verità, però, l’ho scritta pensando a San Michele Arcangelo che si festeggia il 29 settembre. E’ il mio santo protettore. Lo disse a mia madre una veggente da cui lei era andata quando ero bambino”.
Come la sta portando avanti la consulenza alla cultura popolare affidatale dal ministro Sangiuliano?
“Dobbiamo vederci. Non abbiamo avuto ancora un incontro. Deve venire presto da me e gli darò il mio punto di vista su ciò che si dovrà fare, poi vedremo lui cosa accetterà e cosa no”.
Lei si occupa molto dei giovani. Segue anche i talent?
“Non seguo i talent anche perché per essere docenti della mia scuola bisogna avere un livello internazionale, mentre i talent presentano solo quello che credono serva a far spettacolo”.
Sull’Eurovision e sulla musica brutta che annualmente propone ha un’idea?
“Di solito non lo guardo”.
Marco Mengoni l’ha conosciuto?
“Non ho avuto modo”.
Le piace?
“In realtà non ho ancora sentito la canzone perché quando c’era Sanremo ho guardato le partite di calcio che mi interessavano di più”.
Però Amici ha portato in finale Angelina la figlia di Mango…
“Con Mango abbiamo scritto canzoni meravigliose. Penso a Mediterraneo o Come Monnalisa che è arrivata ai primi posti in classifica anche in Grecia. Dischi che sembrano incisi ieri. Non ha avuto il successo internazionale che meritava perché lui si proponeva poco. Gli piaceva starsene a casa sua a Lagonegro ma il suo livello è mondiale. Angelina l’ho sentita quando aveva cinque anni. Suonava già il pianoforte e cantava. E’ un talento anche lei. Spero faccia strada”.