Quantcast
Channel: Articoli interessanti
Viewing all articles
Browse latest Browse all 4952

Guardare oltre il nemico

$
0
0


Immanuel Kant è il primo a definire lo stato di pace come una istituzione da costruire attraverso un’autorità mondiale

testo di Franco Cardini*

“Pace a questa casa”; “La pace sia con voi”; “Pace e bene”. Le pericopi evangeliche e l’augurio francescano risuonano ancora nelle nostre coscienze, e nelle vive e sincere aspirazioni di tutto il mondo. Pochissimi fra noi sarebbero forse capaci di definire lucidamente il concetto di pace in termini filosofici, storici, intellettuali: eppure ciascuno di noi intuisce, anzi sa, che la pace è la perla rara, il tesoro nascosto nell’intimo dei nostri cuori e il sole che illumina lo spazio e il tempo, l’istante fuggente e l’eternità. La pace che ci scalda e ci rinfranca: il riposo dei forti, il conforto dei deboli.

Eppure, un forte elemento di ambiguità penetra in questo quadro così confortante e luminoso. Si fa presto a dire “pace”: più difficile – e i giorni presenti lo confermano – volerla sul serio e costruirla davvero. Quale pace?

Figure armate, pittura rupestre, 8.000 - 4.000 a.C. Tadrart Acacus, Libia (Alinari)

«Vi lascio la Pace; vi do la mia Pace: non quella che dà il mondo». Così dice Gesù Cristo. Tutto ciò strappa la pace dal contesto di assolutezza che di solito le attribuiamo, e la riconduce a quella relatività che caratterizza tutte le cose della storia umana. La Pace piena, assoluta e divina offerta dal Salvatore è quella dell’amorosa armonia fra il Creatore e l’universo, così mirabilmente espressa nel Cantico delle Creature di Francesco d’Assisi. Il termine latino pax, imparentato con pactum, esprime l’idea di un accordo tra due parti fondato sulla reciproca rinunzia a prevalere e sulla disponibilità a concedere qualcosa alla controparte in vista di un comune vantaggio. La lingua ebraica, al riguardo, è più precisa. Da una parte il concetto di shalôm (in arabo salām) è la pace perfetta, indice dell’accordo profondo tra Dio e uomo; dall’altra, quello di berith è sinonimo di accordo, di contratto, per sua natura soggetto alla mutabilità delle cose umane.

«Con la pace, tutto si può salvare. Con la guerra, tutto è perduto». Le guerre, le perdono tutti. Teniamolo bene a mente, soprattutto oggi, il lucido e accorato appello di papa Pio XII alla vigilia del quel secondo conflitto mondiale che vide cristiani cattolici, schierati su entrambi i fronti, pregare il medesimo Dio per la rispettiva vittoria senza minimamente cogliere il carattere ossimorico di quella preghiera. E da entrambe le parti si benedicevano le armi e le bandiere pregando per il conseguimento di quella vittoria il massimo premio della quale era pur sempre, contraddizione nella contraddizione, il ritorno della pace.

Se fu Aurelio Agostino a stabilire il concetto di iustum bellum, a dichiarare i confini tra guerre definibili come iustae (“legittime”, “legali”) e guerre che tali non potevano essere, e ad affermare con fermezza e chiarezza esplicite che il cristiano poteva in tutta serenità di coscienza prender parte alle prime, va tuttavia sottolineato che il concetto di iustum bellum (che, non a caso, sarebbe improponibile tradurre con l’espressione “guerra giusta”, nonostante essa sia entrata nell’uso comune) non era affatto un alibi in grado di giustificare e di tollerare qualunque tipo di guerra: ma, al contrario, un concetto che consentiva di circoscrivere con precisione i casi – storicamente frequenti, ma tipologicamente rari – nei quali il credente poteva sentirsi legittimato nel suo ricorso alle armi.

Sul piano fenomenologico, la guerra – sentita come affine al sacrificio – è sem-



pre stata concepita, da si può dire tutti i sistemi mitico-religiosi che conosciamo, come qualcosa che può anche essere sublime ed entusiasmante, ma che resta in sé immondo e detestabile, a meno che non sia ritualmente consacrato dinanzi all’altare; e giustificato altresì da un bene superiore, quale la sopravvivenza o la sicurezza del gruppo umano cui ciascuno appartiene.

In The hunters or the hunted? Robert Brain ha ipotizzato che i nostri antenati ominidi sudafricani fossero implacabilmente cacciati da una Grande Bestia, un temibile felino forse specializzato nella caccia ai primati; e che l’incubo nato dalla paura di quel predatore che abitava le loro stesse caverne sia connesso dalla notte dei tempi alla nostra paura per il Diverso-da-Noi concepito come il Nemico, e il Nemico inteso come animale o come belva, comunque disumanizzato; il che d’altronde comportava la necessità, rituale ma anche (e perciò stesso) funzionale di “trasformarsi” (magicamente) in animali per combattere. Ed ecco la lunga teoria degli uomini-lupo, uomini-orso, uomini-leopardo e via discorrendo, dall’antica India alla Grecia omerica ai miti germanici, slavi e baltici, ai rituali sciamanici siberiani e indoamericani, alle varie simbologie africane legate alla guerra.

Per distinguere il conflitto dalla caccia, quindi per giungere a vedere nel nemico un altro essere umano, e ciò nonostante rendere ancora ammissibile lo scontro e l’uccisione, è stata necessaria un’elaborazione giuridica: un diritto che ha fondato le regole di comportamento anche in guerra – sentita ormai come ludus, come prova ritualizzata – e resi “sacri” anche i nemici vinti e arresi, facendoli rientrare in quelle categorie di deboli ( pauperes, com’erano chiamati nell’XI secolo dai teorici della Pax Dei) per difendere le quali era istintivamente ed eticamente ammissibile usare la forza. Senonché tra Sette e Novecento la polemica pacifista contro la guerra si è appuntata – attaccando le guerre convenzionali – contro le regole di guerra; mentre crescevano intanto nuove forme di conflitto, “ideologiche” e “totali”, trionfate con la Rivoluzione francese e l’abolizione della distinzione tra guerriero e cittadino nel nome del principio della coincidenza tra esercizio dei diritti civili e generalizzato dovere di portare le armi per difenderli.

Nel 1795, al culmine dell’Aufklärung – l’Illuminismo così come si era sviluppato in Germania –, vide la luce uno straordinario progetto sulla “pace perpetua”. Esso nasceva dall’idea profonda di Immanuel Kant, secondo cui l’uomo tende per natura al mantenimento della vita e alla realizzazione di un codice di “umanità” sotto la guida della legge morale, ovvero della “ragion pratica”. In questo senso una condizione stabile di pace non solo sarebbe conforme alla natura, ma costituirebbe altresì un dovere per l’uomo.

Tuttavia – ecco il punctum dolens – sul piano ideale e teorico il progetto filosofico- politico kantiano sconta tutta l’impervietà dello statuto dell’umano, dal momento che la pace perpetua non può che concretarsi in un trattato fra nazioni, finalizzato all’istituzione di un ordinamento cosmopolitico vòlto a liberare il mondo dalla guerra, sottomettendolo alla sovranità della legge e del diritto. Mentre però secondo Rousseau il contratto implica in quanto tale la rinunzia allo stato e alla libertà naturali, per Kant il contratto cosmopolitico non prevale sull’ordine giuridico naturale, bensì lo rafforza e lo consolida in una forma più razionale. Anche per questa ragione il contrattualismo kantiano rivela un carattere più specificamente politico che sociale: appunto perché il contratto non crea né lo Stato, né il raccordo tra gli Stati, bensì li costituisce nelle forme del diritto (a questo punto bisogna scrivere “stato” con l’iniziale minuscola per qualificare la condizione e con la maiuscola per qualificare l’istituzione).

Gli Stati debbono istituire un patto reciproco, una federazione speciale o foedus pacificum, la federazione chiamata a fondare e a mantenere la pace. Tuttavia, a differenza del pactum pacis – il comune trattato di pace che cerca di porre fine semplicemente a una guerra – Kant presuppone allo scopo dell’istituzione di una pace universale e permanente il superamento della sovranità assoluta e irrelata degli Stati, quindi dell’anarchia internazionale, grazie all’istituzione di una federazione che gradualmente includa tutti i popoli della terra.

Se però l’idea di una “Repubblica del mondo” era in età kantiana nuova, l’idea della pace universale risaliva invece già alla filosofia stoica e al cristianesimo: era stata ripresa nel primissimo Trecento da Dante, il quale identificava nell’Impero l’istituzione necessaria per realizzare la pace. La differenza tra ciò e il progetto di Kant non potrebbe essere più radicale. Elaborato nel cuore della Rivoluzione francese, alle soglie dell’età della democrazia e del nazionalismo, il progetto kantiano non consiste affatto in una proposta da sottoporre a un soggetto politico sovranazionale, capace di unire un gruppo di Stati entro le frontiere di uno Stato a esso superiore; e nemmeno di accordare governi o corpi diplomatici al fine di realizzare migliori equilibri di potere.

Con la proposta kantiana irrompe in altri termini, nel corpo della tradizione culturale dell’Occidente e nel dibattito filosofico-politico in essa attivo, un paradigma di novità assoluta. La pace non dev’essere concepita come semplice sospensione delle ostilità durante la guerra



I cavalieri di Guglielmo attaccano le truppe di Aroldo, dall’arazzo di Bayeux, XI secolo. Bayeux, Centro Guglielmo il Conquistatore (Alinari).

.



o nell’intervallo tra due guerre. Questa è soltanto un surrogato, la “pace negativa”, nozione tuttora dominante, a parte qualche eccezione, nella cultura politica contemporanea. Non è un caso che sia invocata di continuo nella presente congiuntura ucraina. Invece lo stato di pace, secondo Kant, non è uno stato naturale, bensì una vera e propria istituzione da costruire attraverso un ordine legale imposto da un’autorità mondiale superiore a ogni singolo Stato. Una “pace positiva”. In breve, la pace coincide con la realtà effettiva di un’organizzazione politica capace di porre fine a tutte le guerre e per sempre.

È concepibile l’Organizzazione delle Nazioni Unite (Onu) come soggetto in grado di assumere tale ruolo? Se, anche a prescindere dalle note devianze burocratiche e antigiuridiche, operiamo una valutazione rigorosa della storia delle Nazioni Unite fino a questo momento, è giocoforza constatare che essa, pur avendo realizzato progressi non trascurabili – ad esempio il ruolo svolto nella decolonizzazione, e qualche sforzo nel mantenimento della pace – non ha di certo realizzato le attese dei suoi fondatori, testimoni e attori nel 1945 di una epocale e definitiva speranza di pace sulle macerie e gli orrori inauditi lasciati dal secondo conflitto mondiale.

Oggi, la tradizione kantiana resta viva: ma dev’esser letta comunque alla luce di uno degli scritti di filosofia della storia del grande pensatore, Idee di una storia universale dal punto di vista cosmopolitico,

del 1784: in esso si dichiara che «da un legno storto, come quello di cui l’uomo è fatto, non può uscire nulla di interamente diritto». Quest’immagine, consonante con la condizione umana scaturita dalle conseguenze del Peccato originale, è stata ripresa dal “manifesto del liberalismo” redatto da Isaiah Berlin che ha come titolo, appunto, Il legno storto dell’umanità, e pone in rapporto il realismo kantiano con la sua convinta esaltazione del dovere: «Possiamo fare solo quello che possiamo; ma questo dobbiamo farlo, nonostante le difficoltà».

In pieno Rinascimento, a Erasmo da Rotterdam si devono significative condanne della guerra, nel Moriae encomium ( Elogio della follia), 1511, e nella Querela pacis, 1517: un titolo eloquente,


Diego Velàzquez,

La resa di Breda,

1635 circa, olio su tela.

Madrid, Museo del Prado

(Alinari).


Il lamento della Pace, dal latino queri, “dolersi”, al quale idealmente voglio associare il verbo quaerere, “cercare”, “desiderare”, ma anche “chiedere per sapere”, “chiedere per ottenere”. Ecco allora che siamo chiamati a cercare i mezzi e le condizioni per la pace, mèta praticamente possibile per quanto incerta, instabile, limitata: quindi ricerca infinita. Una “cerca” infinita ma fondamentale, scopo dell’esistenza, come la Queste du Graal dei romanzi medievali. La ricerca del Grande Tesoro che, prima che individuato nel rapporto con gli altri, va cercato e conseguito anzitutto in se stessi e con Dio. Tale il senso intimo della parola ebraica shalôm e della parola araba salām.

La pace va cercata, nella storia, con ogni possibile mezzo. Ma tenendo presente ch’essa è comunque, a livello appunto storico – ben diversa è la Pace del Cristo, la Pace divina –, un valore da comporre sempre in un concreto contesto spazio-culturale e in rapporto ad altri valori: nella nostra tradizione filosoficogiuridica, in un triangolo i vertici del quale sono, decliniamoli in latino, Pax, Iustitia, Libertas. E resta da decidere in quale ordine d’importanza.

Pace, pertanto, sì; pace comunque e a qualunque costo, no. Anche su questo tema, come su qualunque altro, vanno stabilite priorità e gerarchie di valori. Qualunque “pace” fondata sul mantenimento di una ingiustizia intollerabile – che si basi invariabilmente, appunto, sull’asservimento dell’uomo all’uomo, e dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, che ne è un aspetto – è non pace, bensì “assenza di guerra”. E per la vera pace è necessario, ma non sufficiente che le armi tacciano.

Agostino ha definito la pace come tranquillitas ordinis: e tale ordo va inteso in termini profondi, come sinonimo di giustizia tra le genti, quindi di convivenza e di condivisione. Senza giustizia, non c’è pace. Senza libertà (intesa non solo come “libertà di”, bensì anche come “libertà da”: dalla tirannia, dalla paura, dal bisogno) non c’è pace possibile. Qualunque “pace” che si affermi astraendo dalla giustizia e dalla libertà va rifiutata. Nell’interesse stesso della pace futura e della sua ferma instaurazione.

*storico

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Ambrogio Lorenzetti,

Allegoria del Buon Governo, 1338, affresco, particolare, Pace, Fortezza, Prudenza e Buon Governo. Siena, Palazzo Pubblico (Scala).

Il ciclo di affreschi è stato recentemente sottoposto a un intervento di ripulitura. Fino al 31 gennaio 2023 sarà possibile visitare il cantiere di restauro e ammirare a distanza ravvicinata gli affreschi di Lorenzetti. Informazioni: www.comune.siena.it


Viewing all articles
Browse latest Browse all 4952

Trending Articles