di Virginia Della Sala
“L’ altro giorno mi ha chiamato un hotel per un posto di lavoro nell’ufficio eventi: è ciò per cui ho studiato, quindi mi sono detta che volentieri sarei andata. Durante il colloquio mi dicono che non trovano personale, che da dopo il Covid non ce n’è, che i giovani non vogliono lavorare. Mi sono stranita: conosco tantissime persone che cercano lavoro, propongo loro i miei amici e tutti contenti mi dicono: certo! Portali! Poi però mi spiegano il lavoro: otto ore al giorno, cinque giorni su sette, quaranta ore settimanali. Chiedo il compenso mensile per quello che sembra un contratto full-time e mi rispondono: è un contratto da stage di 400 euro al mese”.
CI RISIAMO. Ogni anno raccontiamo le stesse storie, soprattutto a ridosso della stagione estiva quando servono lavoratori a tempo determinato o persone da impiegare nei campi: ci siamo finti interessati agli annunci, abbiamo fatto colloqui e inviato email, abbiamo raccontato di sfruttatori e sfruttati. Ma non basta mai. Quindi rieccoci, a raccogliere le storie – dopo due anni di pandemia – di questi giovani accusati di essere pigri, di preferire il reddito di cittadinanza (che è una misura anti-povertà condizionata, giova ricordarlo) o addirittura i social network al lavoro. Ammettiamo pure che sia così: ma quali sono le proposte che, nel 2022 e nel mezzo dell’ennesima campagna anti-“divanis ti”, arrivano a chi vuole lavorare? Per fortuna è caduto un filtro: mostrare lo sfruttamento è diventato una tendenza social, e i ragazzi lo raccontano senza remore online. “Poi dicono che i giovani non vogliono lavorare – continua ad esempio Sabrina Mirebella su Tiktok, con cui abbiamo aperto questo articolo e che ha 22 anni –. Vivo da sola, ho u n’auto, le bollette sono alle stelle. E quando gli ho detto che 400 euro sono proprio pochi e che uno stage normalmente è pagato 600 euro, mi hanno risposto che il minimo salario per uno stage è 400 e quindi loro offrono quello”. Basta scrollare un po’ ed eccone altre, sono centinaia tra contenuti e commenti: “Mi hanno offerto un lavoro da 400 euro per otto ore al giorno. Ma poi a me, che di anni ne ho 20, chiedevano almeno cinque anni di esperienza… ”. Un ragazzo spiega: “Qualche settimana fa volevo lavorare in campagna, mi hanno offerto 35 euro per sei ore. Sotto al sole. ‘Non sei del mestiere, devi imparare’, mi hanno risposto. Eppure dovevo solo cogliere le pesche. Al bar, mi volevano dare 20 euro al giorno per dieci ore. In un supermercato: 400 euro al mese per sei mesi e poi, forse, a 800 euro al mese”.
GLI ANNUNCI confermano queste storie: “Ricerchiamo la figura di cameriera ai piani che si occupi del rifacimento camere d’hotel – scrive una struttura alberghiera di Fiano Romano –. È richiesta massima puntualità e flessibilità sull’orario. Il riposo è settimanale e la fascia oraria è circa 08:30-15:00 tutti i giorni compresi festivi”. Stipendio?700 al mese. E ancora: “M.R. Napoli mi ha offerto un lavoro come scaffalista. Da lunedì alla domenica. Orario 7:00-14:30. Retribuzione 450 euro mensili”. Intercettiamo un altro annuncio, di Napoli: “Bar cerca personale, solo chi ha voglia di lavorare, turno 10 ore, consegne e aiuto banco e pulizie”. Qualcuno chiede spiegazioni: “La paga è di 130 euro a settimana – risponde il bar –, pago per l’abbonamento dei mezzi pubblici e si accumulano circa 15 euro di mance al giorno”. Il totale arriverebbe a stento a 1000 euro. Aneddoti e proposte assurde non si contano: flessibilità, ore di straordinari non pagate, part-time che sono full-ti - me, periodi di prova non retribuiti. La maggior parte degli annunci non indicano la paga perché altrimenti nessuno li contatterebbe. “Mi hanno chiamato per fare la cassiera, a 26 anni, dopo anni passati a fare la responsabile vendite di una impresa commerciale. Mi hanno offerto 600 euro al mese con contratto di tirocinio per 40 ore settimanali”, racconta ad esempio la giovanissima Elena Polli. Insomma, la narrazione dei giovani che non vogliono lavorare perché preferiscono il Reddito di Cittadinanza continua ad avere un controcanto spesso inascoltato nonostante le cronache.
BASTI PENSARE che a fine maggio, nell’ambito di una inchiesta che tocca anche Grafica Veneta, l’azienda che circa un anno fa aveva lanciato l’allarme dai quotidiani perché non trovava giovani da impiegare, la Procura di Padova ha chiesto 12 rinvii a giudizio. L’accusa, rivolta alla Bm Service di Trento in relazione all'impiego di manodopera nelle aziende padovane Grafica Veneta Spa e di Trebaseleghe e Barizza International Srl di Loreggia, è di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. A luglio 2021 erano state arrestate undici persone, indagate per caporalato nei confronti di undici lavoratori pakistani assunti dalla società trentina. I titolari erano accusati di sfruttare e picchiare gli operai pachistani, costringendoli a turni di 12 ore al giorno, senza indennità.
IN MOLTI sostengono che le condizioni sono sempre le stesse e che sia sempre stato così. Ma allora perché non si trova più chi sia disposto a lavorarci? Lo spiega efficacemente, sempre sui social, l’ac - count della esperta in recruitment , Fabiana Andreani (@fabianamanager): “I giovani oggi sono anagraficamente meno numerosi e meno rappresentati dal punto di vista sociopolitico e i media tendono a rispecchiare il punto di vista della maggioranza, quindi degli over 40, che appartiene per lo più a un periodo storico in cui il Paese era in crescita, la scolarizzazione più bassa e il lavoro basato su forza fisica e quantità. Difficilmente il lavoro era considerato una fonte di realizzazione personale”. I millennial e la Gen Z invece sarebbero molto più consapevoli della qualità del tempo: non disperati né stupidi, ma consci dei diritti. “Non temono la fatica bensì lo sfruttamento”. E quello che offri, in sostanza, è ciò che torna indietro. “Quando ho fatto la cameriera da ragazzina prendevo 500 euro al mese – spie - ga Mari Marche, poco più che ventenne –. Ma non era un responsabilizzare come volevano farmi credere: quando sai che vieni pagato 1,5 euro all’ora ti fermi e dici ‘la mia vita, il mio tempo, valgono 1,5 euro l’ora? I miei genitori mi pagano una istruzione per farmi sfruttare così?’ La risposta è quasi sempre no