Falsi problemi - Metano o rinnovabili, la transizione costa: La sua gestione deve essere politica
Ai maggiori consumatori di petrolio e gas piace evocare il lupo cattivo. Negli anni 70 il lupo cattivo era l’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (Opec) che facendo impennare il prezzo del greggio era considerata responsabile della crescita dell’inflazione, della disoccupazione e della fine del “boom economico”.
Oggi che i prezzi di mercato del gas naturale si sono triplicati nell’Unione europea rispetto all’inizio dell’anno, il grande lupo cattivo è la Russia di Putin che per cupidigia starebbe lesinando gas, facendo così impazzire le bollette e mettendo in crisi la “transizione energetica”.
Questa lettura dei rapporti tra fornitori e consumatori di materie prime cruciali come petrolio e gas naturale contengono elementi di verità, ma nascondono assai più di quanto non rivelino.
È vero che i Paesi dell’allora Comunità europea erano quasi totalmente dipendenti dalle importazioni di petrolio e che lo “shock” petrolifero del 1973 avrebbe significato un clamoroso trasferimento di ricchezza verso i Paesi produttori come l’Arabia Saudita e l’Iran. Ma ancor più significativo (e meno ricordato) è il fatto che solo quattro anni dopo quello “shock”, i Paesi Opec sarebbero tornati in deficit nelle bilance commerciali a causa di scriteriati acquisti di armi e di ogni genere di prodotto e tecnologia negli Stati Uniti, in Europa e in Giappone. Senza contare che all’inizio degli anni 70 i prezzi del petrolio erano ai livelli più bassi da un secolo e che un adeguamento del prezzo era arrivato semmai troppo tardi.
Un discorso simile si può fare per la Russia oggi. Il combinato disposto della crisi petrolifera del 1973 e della necessità di utilizzare fonti meno inquinanti (il gas naturale è fonte fossile, ma meno inquinante del petrolio) è stata la gigantesca espansione dei consumi di gas naturale in Europa per il riscaldamento e per la generazione elettrica. Oggi la Russia è il principale fornitore dell’Unione europea, vale circa il 48% delle sue importazioni (il doppio della Norvegia) e il gas naturale ha superato il carbone come seconda fonte energetica Ue. Il raddoppio del gasdotto North Stream 2 che è appena stato completato, e dovrebbe portare gas russo direttamente in Germania, è stato contestato dagli ambientalisti tedeschi e dagli Stati Uniti perché rafforzerebbe la dipendenza dalla Russia. Non è escluso che nel rallentamento delle forniture russo, oltre all’enorme pressione sui giacimenti, ci sia anche un braccio di ferro per velocizzare l’avvio del North Stream 2.
Resta il fatto che, così come negli anni 70, il coltello sia nelle mani dei grandi consumatori. La Russia dipende dalle esportazioni di gas e petrolio assai più di quanto gli europei dipendano dal loro acquisto. Il 40 per cento del bilancio russo dipende dalla rendita delle fossili: se Putin non vende gas, non tiene in piedi sanità, istruzione, esercito, anche perché l’economia russa è assai meno diversificata di quella europea.
I consumi europei di gas naturale sono in calo dal 2010 e devono continuare a calare perché il gas naturale è una fonte fossile. Anzi, prezzi più alti del gas naturale costituiscono uno sprone ad investire ancor più velocemente nelle rinnovabili a tutto danno della Russia.
E qui si torna al problema di fondo. I prezzi delle bollette del gas e dell’elettricità sono in crescita da tempo ed è inutile prendersela con il lupo cattivo Putin. A parte fattori contingenti, gli enormi investimenti necessari per le rinnovabili, nonché la crescita della tassazione del carbonio, spingono strutturalmente al rialzo le bollette.
La sfida del futuro non è rinfocolare la Guerra Fredda con Putin ma in una gestione “politica” dei prezzi dell’elettricità e del gas che cestini l’era del libero mercato dell’energia nell’Unione europea e avvii una fase di contratti a lungo termine per l’acquisto di gas e petrolio, di pianificazione europea degli investimenti nelle rinnovabili, di limitazione dei profitti delle società energetiche private, di intervento pubblico nella produzione di energia e nello sviluppo di tecnologie per le rinnovabili.