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Arrabbiati e silenziosi i baby drogati del web “Ecco come li salviamo”

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cronaca

A Roma un centro per i bambini schiavi della Rete “Tablet, pc e telefonini, controllate i vostri figli”
MARIA NOVELLA DE LUCA
ROMA.
Attenti alla loro rabbia, attenti alla loro solitudine. Attenti al loro (troppo) silenzio, al Pc sempre acceso, alla tv senza orari, al tablet sotto il cuscino, alla richiesta continua “mi dai il telefono” non appena si affaccia l’ombra della noia, o di un’attesa senza distrazioni. Tutti questi segnali potrebbero anticipare qualcosa di più serio, annunciare che a otto, nove, dieci anni un bambino può essere già un baby prigioniero del web, un potenziale auto-recluso, un adolescente da classificare, domani, come Internet-addicted.
Non è allarmismo antitecnologico, ma un monito che arriva da una delle più qualificate équipe che da tempo cerca di curare i “malati” della Rete, finora adulti e adolescenti, oggi, purtroppo, anche bambini. Per questo l’ambulatorio del Policlinico Gemelli per la cura delle dipendenze da Internet, diretto dallo psichiatra Federico Tonioni (1200 visite in sei anni) ha deciso di creare una task-force pediatrica e interdisciplinare per intercettare, «prima che sia troppo tardi i futuri drogati del web». Molto, se non tutto, comincia infatti nella prima infanzia. Un’insieme di abitudini sbagliate, di buchi di attenzione, di vuoti familiari, che via via creano una “cattiva educazione tecnologia” anticamera spesso di problemi più gravi. L’autoreclusione appunto, «simile al fenomeno degli Hikikomori giapponesi ».
«La questione di fondo è la mancanza di comunicazione emotiva fra genitori e figli», ha spiegato Federico Tonioni, responsabile dell’area delle dipendenze del Gemelli. «Siamo di fronte ad una generazione di adulti che non riescono ad avere un rapporto, nemmeno conflittuale, con i propri figli». Un silenzio del cuore dunque. Ma le ragioni dell’Internet-dipendenza per Tonioni però vanno ricercate ancora prima. «Così come si faceva con la televisione, sono stati proprio i genitori per primi a utilizzare il web come baby sitter dei loro figli. Quante volte ho sentito ripetere la frase, agghiacciante, che i piccoli quando sono davanti al computer “non si vedono e non si sentono”. Ma i ragazzini si devono vedere e sentire, giocare, muoversi, essere fisici». Invece ciò che sta accadendo, complice la potenza ipnotica della tecnologia, è l’avanzare di una generazione di bambini sempre più fermi, (fino a sette ore di video e tv al giorno) abituati ad interagire più con lo schermo che con i propri compagni, con il sonno disturbato, la postura rovinata, e la tendenza ormai epidemica verso l’obesità. «Come li curiamo? Prima di tutto occupandoci dei genitori, e quasi utilizzando i farmaci. E’ con gli adulti che iniziamo, con un percorso di psicoterapia, lavorando sulle emozioni, e sulle loro relazioni con i figli. L’uso e l’abuso della tecnologia - aggiunge Fderico Tonioni sono oggi al centro di gran parte delle liti domestiche. Ma i genitori devono rendersi conto che i ragazzi si rifugiano nel computer proprio perché manca loro una comunicazione profonda con il mondo dei grandi». Un tipo di cura insomma che affonda le radici nella psicoanalisi, e adesso metterà in rete (in modo virtuoso) psichiatri, pediatri e neuropsichiatri. «Il sintomo più forte che finora abbiamo visto nei bambini prigionieri del web è la rabbia. Profonda. Quella che si scatena quando vengono distratti a forza dal loro oggetto virtuale. Ma anche quella rabbia che hanno dentro perchè non riescono più ad esprimere la loro fisicità, la loro giovinezza, la capacità di creare relazioni sociali. Ecco conclude Tonioni - noi proviamo a restituirgli il loro essere bambini».
©RIPRODUZIONE RISERVATA

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