ApprofondimentoElezioni Europee
DI FILIPPO CECCARELLI
I pacchi di pasta agli elettori, come ai tempi di Achille Lauro (il Comandante, non il cantante) e l’altolà ai consumatori di cannabis semi-legale. Mark Caltagirone, il non-marito di Pamelona Prati, e l’ultimo Mussolinide, Caio, che si definisce “smart”. Sdolcinatezze per la festa della Mamma e castrazione chimica. Bacio della mano e gamification, ossia giochi a premi on line, tipo il “VinciSalvini” o il “Torneo antitaliano”, dove per conto dei Fratelli d’Italia si piazzano Soros e la pizza con l’ananas.
Cose strane, insomma, e tutte insieme. Mitra e peluche, selfie e contro-selfie, baci al rosario e bacioni beffardi, Fiorella Mannoia e brindisi sovranisti: notevole quello dei tre economisti da talk anti-euro Bagnai, Borghi e Rinaldi (ma a Vinitaly ha brindato anche Calenda, con D’Alema, per giunta). È finita - se Dio vuole - la campagna elettorale, ma impossibile dire quando era cominciata, forse sempre, forse non ancora, forse continuerà, gli scienziati della politica propendono per una definitiva, angosciosa permanenza.
Come al solito è sfuggita di mano, ma stavolta è peggio. Non più Luna park o carnevale, ma psico-reclusorio in attesa di ordalia. Percepisce disagi nell’elettore perfino l’Impresentabile: «Forse anche Tu – scrive in un estremo proclama pubblicato a pagamento - sarai disorientato e amareggiato dalla piega presa dalla politica in Italia...». Nel frattempo il Cavaliere, appena uscito dall’ospedale, si è comprato altre due villone in Sardegna.
Sempre più belli figurano i candidati riprodotti su muri e schermi: l’Oscar del photoshop ancora a Giorgia Meloni, divenuta ormai una specie di dea. Al tempo stesso aggressivi, e però anche teneroni.
Soffusa di perpetua luce, Barbara D’Urso ha sostituito Vespa nelle liturgie di consacrazione elettorale. E sia pure per qualche giorno il feto in gomma “Michelino”, gadget familista di pronto impatto, ha rubato spazio all’immaginario dei porti chiusi e dell’incombente “manovrona” del dopo; mentre sulle bocche da comizio fioriva l’oltraggio divenuto più in voga: “Sfigati!”. Dice che è colpa dei social. Il professor Edoardo Novelli, Comunicazione politica a Roma 3, sta ultimando una ricerca monstre sulle Europee (European Elections Monitoring Center, vedere imperdibile sito realizzato con l’impegno di 120 studiosi da oltre 50 università) e sostiene che in parte è vero: l’Italia è di gran lunga in testa alla classifica social, il che la fa laboratorio d’imbarbarimento: «I social bruciano il tempo, cambiano il ritmo, semplificano e rimpiccioliscono il messaggio sollecitando reazioni emotive».
D’accordo. Ma negli ultimi mesi sono emersi scandali, equamente distribuiti, in Umbria (Pd) e Lombardia (Forza Italia e Lega), a parte il caso permanente di Roma (Cinque stelle); poi il dossier su Tria, lo strano furto a casa di Verdini papà e neppure Rousseau sembra messo così bene. Si aggiunga l’innata fantasia commediante nazionale, il grembiule di scuola, il balcone di Mussolini a Forlì, il sextie dell’ex Jena, il marcamento a uomo nei luoghi di Padre Pio per giustificare la disfatta dell’ironia, la Caporetto del contegno, la dissoluzione di ogni spirito cavalleresco...
E si vorrebbe tanto trovare, se non un raggio di sole, almeno la mite speranza che il rito democratico allenti l’ansia, tenga un po’ a bada questo caos di visioni perturbanti – mosaico di Salvini con foto di naufragi, sagomato penzolante del presidente Conte che fa gli anelli, forbicione gonfiabili grilline a Montecitorio - ma le premesse, anche estetiche, sono quelle che sono. Tutto poi si dimentica in fretta ed è un guaio supplementare perché qualcosina in realtà rimane e ritorna. Ad aprile – mica cinque anni fa! - due associazioni di strizzacervelli hanno fatto un appello a Mattarella «a tutela della salute psichica degli italiani».
La Rai è sotto pressione, dallo stipendio di Fazio all’ultimo autore di Unomattina, passando per i vertici del Tg1 dove devono aver fatto addirittura a botte, magari non c’entravano proprio le elezioni, ma insomma. Salvini saliva sui palchi al suono del “Vincerò”; giunto in elicottero, si è compiaciuto del filo di ferro ai confini dell’Ungheria; qualche giorno dopo è partita la campagna contro la “mangiatoia” della Caritas e a Modena, per via dell’Islam, ha fatto intravedere un’Europa «dove non si potrà più mangiare pane e salame».
Quando non era Zorro, la sinistra s’è affidata, poveraccia, a dei ragazzini: Greta, Radi, Simone «non me sta bene che no». Mentre Di Maio, in Sardegna, ha scommesso sul reddito di cittadinanza e fatto le immersioni con la nuova fidanzata. Ma l’andazzo va al di là dei singoli leader, è qualcosa che riguarda tutti, un piano inclinato, un campo magnetico che da tempo spinge la vita pubblica verso una regressione tecno-evoluta, una specie di futuro remoto dentro il quale toccherà riscoprire quel che conta davvero.