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Etruria, indennizzi anticipati anche prima degli arbitrati Il governo accelera sui decreti

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 crisi delle banche

Le misure.
Il Tesoro esclude il pagamento senza i provvedimenti attuativi, ma insieme a Bankitalia continua a lavorare alla soluzione di un intervento che per i casi più gravi preceda l’avvio del lavoro guidato dall’Anac di Raffaele Cantone


VALENTINA CONTE LIANA MILELLA
ROMA.
Rimborsi anticipati e selettivi, sì. Ma solo dopo i decreti che ne fissano i criteri. Il ministero dell’Economia, nella nota diffusa ieri, non esclude l’ipotesi che sia una delle nuove quattro banche nate dal fallimento delle vecchie - nel caso raccontato da Repubblica, la nuova Banca Etruria - ad anticipare gli indennizzi ai risparmiatori «molto, molto esposti», 683 quelli dell’istituto toscano che hanno perso oltre il 50% di patrimonio nelle obbligazioni subordinate. L’ipotesi non viene esclusa perché è proprio su questa che lo stesso Mef e la Banca d’Italia lavorano da giorni, nel tentativo urgente di sopire le contestazioni degli investitori imbufaliti. Ma soprattutto arginare la fuga dai conti correnti - e non solo dagli investimenti a rischio - in atto. E che cresce a vista d’occhio. Il ministero guidato da Padoan però precisa che occorre una cornice giuridica, i decreti ministeriali appunto. Quei testi attesi entro il 30 marzo, annunciati entro gennaio, ma che potrebbero finire sul tavolo del Consiglio dei ministri alla prima riunione dell’anno nuovo, quella del 15. Le parole d’ordine sono dunque due: «rassicurare e accelerare», prima che la situazione scappi di mano. E un modo per fare in fretta, tamponando le urgenze di «chi è stato messo potenzialmente sul lastrico da Banca Etruria» (parole di Roberto Nicastro, presidente delle new bank, il 30 dicembre), è proprio quello di consentire nel periodo finestra tra il decreto con i criteri degli indennizzi e la partenza dell’arbitrato guidato dall’Anac di Cantone un primo ristoro ai 683 risparmiatori più penalizzati, il 70% del totale delle quattro banche. Quelli cioè con in mano 17 milioni di bond ora azzerati, dopo il decreto Salva- Banche del 22 novembre. 
L’ipotesi allo studio di Mef-Bankitalia ha però colto di sorpresa Palazzo Chigi. Un’iniziativa che l’esecutivo guidato da Renzi ancora non si sente di sottoscrivere (e annunciare), forse giudicata intempestiva, estemporanea, financo dannosa perché più che tranquillizzare i fronti bollenti della protesta, sembra esasperarli. Di qui l’indicazione data al Mef ieri perché spiegasse nella nota che «prima del varo dei decreti non può essere ipotizzato alcun intervento ». Prima dei decreti no. Tra i decreti e l’arbitrato, possibile. D’altro canto i tempi di Cantone non saranno brevi. Il criterio del “caso per caso”, scelto dal governo per venire a capo della spinosa questione de- gli indennizzi (a chi spettano, per quale ammontare), è il criterio guida. Sebbene lento: durerà mesi. E tutto si vuole qui, tranne che esacerbare gli animi, con le elezioni amministrative alle porte, un tragico suicidio alle spalle, la gente in piazza (domani la protesta si sposta a Jesi davanti alla sede di Banca Marche, un’altra delle quattro).
D’altro canto lo stesso Roberto Nicastro - che mercoledì ha fornito non a caso il nuovo numero dei 683 risparmiatori quasi sul lastrico, assicurando loro che «avranno una corsia privilegiata e possono stare tranquilli » - vive giorno per giorno tutta la pressione delle “vittime del Salva-Banca”. Per questo ha convocato i loro rappresentanti giovedì 7 gennaio in una sede da definire (probabilmente Arezzo). Con lui anche l’amministratore delegato della nuova Banca Etruria, Roberto Bertola. Non è passata inosservata neanche l’omelia di Natale di Riccardo Fontana, vescovo della città toscana, e il suo appello alle autorità. «In questo anno della misericordia, voglio ben sperare che chi ha potere di aggiustare le cose, non si dimentichi di coloro che, senza colpa, hanno perso i loro modesti risparmi », è andato giù diretto. «Apprezzabili le parole del Vescovo », il commento di Nicastro. Un richiamo tutt’altro che secondario, quello della chiesa locale, definito anche a Roma «non trascurabile».
L’idea dell’anticipo a carico delle new bank non dispiace né ai risparmiatori azzerati né alle associazioni dei consumatori. Con i paletti del caso, però. Codacons ad esempio insiste che «i risarcimenti devono essere integrali e devono valere per tutti». E in effetti anche gli investitori di Banca Marche, Cari-Ferrara e CariChieti, le altre tre banche fallite e poi sostituite dalle new ripulite dei crediti in sofferenza, si chiedono “perché noi no”. Senza pensare che la stragrande maggioranza dei 12.559 ex obbligazionisti dovrà comunque aspettare i tempi lunghi dell’arbitrato. E molti rischiano comunque di non portare a casa nulla, visto che il loro investimento in subordinate era inferiore al 30%. Dunque avevano un portafoglio ben diversificato, spia di dimestichezza finanziaria.

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