Mercoledì 6 Febbraio 2019CORRIERE DELLA SERA
di Sergio Bocconi
Borghese e radicale, banchiere e filosofo, amante dell’editoria e dell’arena politica, Guido Roberto Vitaleè morto ieri mattina a Milano a 81 anni. «La borghesia ha scoperto che la festa è finita», diceva nel 2011 nel momento della ribellione di imprenditori e Confindustria a Silvio Berlusconi. E aggiungeva: «La città sociale dei Marzotto, gli investimenti Olivetti nel territorio, l’Ospedale Maggiore di Milano erano il filo in cui le imprese si legavano alla società. Una forma di attenzione, un esercizio di responsabilità». E ora, nella sua nota introduttiva al libro edito per Natale dalla sua boutique finanziaria, la Vitale & Co. «L’Italia: molti capitali, pochi capitalisti», di Beniamino Piccone (con la prefazione di Francesco Giavazzi), ha scritto: «Abbiamo dunque la possibilità e la responsabilità di uscire dalle contraddizioni che ci impediscono di riprendere una crescita solida e sostenibile e di scegliere il nostro futuro in maniera chiara». Ed era questo costante riferimento alla responsabilità, in particolare della borghesia alla quale apparteneva, a spingerlo a schierarsi spesso controcorrente rispetto ai suoi «colleghi» della consulenza d’affari e del merchant banking, a sostenere Giuliano Pisapia (per Milano) e Matteo Renzi, o a indicare, sempre nel 2011, come “uomini nuovi” «Mario Monti e Nichi Vendola». Senza preferenze, «in ordine anagrafico e alfabetico». E, ancora a pubblicare, facendogli guadagnare l’appellativo (forse non del tutto gradito) di banchiere-filosofo, «Lezioni di politica sociale» di Luigi Einaudi» e una raccolta di scritti di Don Luigi Sturzo.
Sicuramente il nostro Paese, la comunità finanziaria e Milano in particolare (dove lui, nato a Vercelli, ha vissuto per almeno 50 anni), perdono con Vitale un protagonista che ha attraversato tutti i più grandi cambiamenti (e gli sconvolgimenti fra i quali il ciclone Mani Pulite), dal passaggio alla domestica via degli affari con pochi attori, sebbene anche grandi come Enrico Cuccia, all’Italia inserita nell’euro e nella globalizzazione, talvolta comparsa e talvolta soggetto non secondario in un capitalismo ormai internazionale.
La seconda Opa
Ha seguito fra l’altro la seconda Opa in Italia, quella della Quaker Oats su Chiari e Forti
Cambiamenti nei quali ha saputo interpretare anche un ruolo di innovatore nel perimetro, agli inizi prerogativa di pochissime banche d’affari come Mediobanca, della cosiddetta finanzia straordinaria o investment banking: scalate e merger & acquisition, interpretate all’anglosassone attraverso società collocate al di fuori degli aggregati bancari e societari tradizionali e anche perciò probabilmente più aggressive. Nell’elenco senz’altro da ricordare sono l’Opa della multinazionale americana Quaker Oats su Chiari e Forti (la seconda Offerta pubblica di acquisto in Italia, nel 1978, qualche anno dopo quella lanciata ma fallita di Michele Sindona su Bastogi) e l’acquisizione di Buitoni da parte di De Benedetti nel 1985. Inoltre collocamenti in Borsa di società come Recordati, Danieli, Saipem, e Costa Crociere.
Dopo la laurea in Economia e commercio a Torino, Vitale consegue la specializzazione alla Graduate school of management presso la Columbia university. Negli anni Settanta è fondatore di Euromobiliare, che ha avuto fra i soci Carlo De Benedetti, la Fininvest di Silvio Berlusconi e il gruppo Ferruzzi (ed è successivamente passata al Credem). Ne è amministratore delegato fino al 1991. L’anno successivo si «mette in proprio», passa alla boutique di advisory, fondando la Vitale Borghesi & c. con Arnaldo Borghesi. Dopo aver seguito diversi dossier, stringe una partnership con la francese Lazard, in passato grande alleata di Mediobanca. Alla fine la banca d’affari francese però rileva la società e assume il nome di Lazard Italia. Vitale ne resta presidente fino al 2001. In quell’anno fa il tris con le boutique ed è socio fondatore della Vitale&associati, poi ridenominata Vitale&co, di cui è presidente fino al giorno della sua morte. Che lo ha colto senza che avesse interrotto l’attività di banchiere (la sua società sta seguendo dossier come Astaldi, a fianco di Salini Impregilo, e Tim sulla rete unica, mentre prima è stato advisor di Elliott) né la passione di editore: proprio in questi giorni si stava occupando della pubblicazione da parte del Sole 24 Ore del libro di Piccone. Che nella titolazione ricorda, ribaltandolo, «Il capitalismo senza capitale» di Napoleone Colajanni. Sempre anche in quanto appassionato di editoria, Vitale fra il 2003 e il 2005 è presidente Rcs MediaGroup, che pubblica il Corriere della Sera , è tra i fondatori del sito web Linkiesta e fra i soci di Chiarelettere, azionista a sua volta de Il Fatto Quotdiano . Lui, che non solo per business ha coltivato amicizie internazionali ma amava il nostro Paese e in particolare la Puglia, dove trascorreva diverso tempo nella villa-ritiro vicino a Ostuni, di recente ha raccontato l’Italia così: «Un Paese affamato di occupazione. Salvo poi lamentarsi della mancata crescita». Brusco, come spesso era il suo carattere. Ma preciso.