4/12/2018
POLITICA
Il mea culpa
Al via l’iter per abbattere quattro fabbricati a Mariglianella. Il rebus del debito mai riscosso dallo Stato
Dario Del Porto Conchita Sannino,
Dai nostri inviati
Pomigliano
Apologia di « un piccolo imprenditore » . Arringa mesta di un padre che avverte: « Ho sbagliato, ma dovete lasciar stare la mia famiglia».
Dopo cinque giorni di travaglio, di prove tecniche e di regia a Cinque Stelle davanti a una telecamera, con i continui aggiornamenti da integrare, ecco il video social con cui Antonio Di Maio fa pubblica ammenda di tutti «gli errori». Di nuovo, separa i suoi sbagli dai troppi imbarazzi del figlio Luigi. Ma, di nuovo, non si sciolgono i dubbi sugli aspetti che soprattutto il vicepremier potrebbe chiarire: dai quattro immobili abusivi di cui il ministro aveva ricordi sbiaditi (“ Lì c’era una stalla”) alle pretese di Equitalia di 176 mila euro per un debito mai riscosso, nonostante un’ipoteca che risale a otto anni fa. Argomenti che, a quanto pare, Di Maio jr non intende più toccare. «Oggi mio padre si è preso le sue responsabilità e ci ha messo la faccia. Io metto in liquidazione l’azienda. Adesso, però, possiamo anche finirla qui», dice Luigi Di Maio, a tarda sera.
« Questa volta Facebook lo uso io » . Nel filmato pubblicato su Fb, attraverso un profilo ad hoc, il padre del leader pentastellato si assume tutte le « responsabilità » , affronta il tema dei lavoratori in nero e del suo debito fiscale. Chiede scusa alla famiglia e soprattutto a Luigi « per tutto quello che lui sta passando». Il capofamiglia racconta. « Come ogni papà ho provato a non far mancare nulla alla mia famiglia. Per questo, nei periodi difficili, ho cercato di andare avanti da solo perché non volevo pesare su di loro». Sugli operai senza contratto: «Ho sbagliato a prendere lavoratori in nero, per carità, ma l’ho fatto perché in quel momento non trovavo altre soluzioni a una situazione difficile. Io ho certamente commesso degli errori, leggerezze di cui mi prendo la responsabilità».
Intanto, dal comune di Mariglianella filtra la notizia che il sindaco Felice Di Maiolo ha fatto partire la procedura, prevista dalle norme anti-abusivismo, che dovrebbe portare alla demolizione dei quattro manufatti fuorilegge rilevati sui terreni di famiglia. Il padre del vicepremier sorvola sulle costruzioni. Ammette solo, a proposito del sequestro delle aree con i rifiuti, di aver lasciato « qualche mattone e dei sacchi con materiale edile » : « Non pensavo che questo potesse configurare un reato ambientale».
C’è invece un nervo interamente scoperto: quella somma mai incassata dallo Stato. Perché grava l’ipoteca su quei terreni di Mariglianella dove insisteva la sede dell’Ardima Costruzioni? Di Maio senior prova a spiegare: « Non esiste nessuna elusione fraudolenta. Nel 2006 ho deciso di chiudere la mia azienda per debiti tributari e previdenziali che non ero in grado di pagare. Non vi era altra strada che chiuderla » . Quindi, aggiunge l’imprenditore: « Non ho sottratto i miei beni alla garanzia dei creditori, tanto è vero che, 4 anni dopo, nel 2010, Equitalia iscrive ipoteca legale. Successivamente mia moglie ha avviato una nuova attività di impresa che ha pagato regolarmente le tasse».
Ma, su questo versante, l’imprenditore continua a non spiegare come mai ha continuato a guidare ogni attività dell’azienda: sia quando figurava la moglie come titolare, sia ora che i soci della nuova Ardima srl sono i figli Rosalba e Luigi. Non solo: resta il mistero del debito non riscosso dallo Stato in otto anni. Interrogativi che lambiscono l’ex candidata governatrice e oggi consigliera regionale Valeria Ciarambino, una fedelissima di Di Maio jr, oltre che funzionaria (in aspettativa) di Equitalia che ha lavorato a Napoli dal 2007 al 2008 e dal 2011 al 2015.
Una coincidenza a cui l’esponente M5S non ama essere accostata. « In tutta la mia vita professionale non mi sono mai occupata di cartelle esattoriali, di procedure e di ipoteche - interviene Ciarambino in una nota, con “dispiacere” per la vicenda - Non ho mai avuto neppure l’accesso al sistema informativo della riscossione. Dal 2015 sono in aspettativa non retribuita. Non essendomi mai occupata di riscossione, non conosco neppure i meccanismi né le tempistiche che regolano le diverse procedure». Ma resta proprio la tempistica, il nodo.
È normale che dal 2010 al 2018, e in presenza di beni sottoposti ad ipoteca, quella pratica non abbia fatto alcun passo in avanti, in un senso o nell’altro? Repubblica lo ha chiesto all’Agenzia della riscossione. Dall’ufficio stampa nazionale, risposta secca: «Ovviamente esiste la privacy e vale per chiunque. In linea generale, comunque, ci sono iscrizioni per debiti che risalgono addirittura al 2000». Ecco perché, almeno ufficialmente, « non sembra una anomalia». Ora basta, sembra invocare il vicepremier. Che comunque stasera va da Vespa, forse a cucire le ultime toppe.