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Trump seminatore di tempeste sbarca per godersi lo spettacolo

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11/7/2018
MONDO
Lo scenario
Il nuovo disordine mondiale

FEDERICO RAMPINI,
Dal nostro inviato
BRUXELLES
«E così ho la Nato, ho il Regno Unito nella turbolenza. E poi vedo Putin. Francamente, Putin sarà il più facile». Donald Trump si sta divertendo. La sua trasferta europea «sarà interessante», ha promesso arrivando a Bruxelles: le cose che interessano lui di solito hanno a che fare con la distruzione dell’ordine preesistente. Chi lo descrive come isolato ci pensi bene. In apparenza lo spettacolo che va in scena oggi al summit atlantico è “The Donald contro tutti”, l’isolazionista furibondo che maltratta gli alleati europei. La realtà è diversa e di giorno in giorno si colora di trumpismo. La geografia politica europea continua a scivolare nella direzione congeniale al presidente americano. Le sue tre tappe Bruxelles-Londra-Helsinki disegnano una geografia molto particolare, simbolicamente illustrano un viaggio che parte dal mondo a noi noto (l’Europa delle alleanze imperniate su Ue e Nato), si sposta nella capitale di Brexit in piena ribellione degli ultrà anti-europei, si conclude nell’incontro con il vero beneficiario di questa dissoluzione, cioè Vladimir Putin.
Calpestando una tradizione americana che ebbe inizio con Franklin Roosevelt, ma fu onorata dal repubblicano Ronald Reagan, Trump ignora i valori comuni dell’Occidente e trasforma la Nato in una partita contabile. Ha “preparato” il summit di oggi a Bruxelles lanciando una raffica di tweet: «È ingiusto che gli Stati Uniti spendano molto più per la sicurezza transatlantica.
Investiamo il 4% per la difesa Nato, la Germania soltanto l’1%». Questo è vero, ed è legittimo criticare il parassitismo di tanti europei che s’illudono di poter essere nazioni erbivore mentre sono circondate da potenze carnivore e affamate. Ma Trump si spinge troppo in là quando definisce gli europei «cattivi quanto la Cina nelle pratiche commerciali», quella Cina che non è un’alleata strategica né condivide i principi liberaldemocratici.
Ciò che pensa di noi questo presidente degli Stati Uniti è chiaro da tempo. «L’Unione europea si sfascerà. Altri paesi seguiranno l’esempio della Gran Bretagna con Brexit.
L’Europa sarà irriconoscibile entro dieci anni». Così parlava Trump-candidato in visita al suo campo di golf in Scozia il 27 giugno 2016, quattro giorni dopo il referendum inglese, e quando pochissimi lo immaginavano futuro presidente. Oggi l’Uomo del Caos si gode lo spettacolo: a 24 ore dal suo arrivo a Londra traballa il governo di Theresa May che inseguiva un soft-Brexit, tentando di conservare il più possibile i legami tra Londra e l’Europa.
Trump non ha mai apprezzato la moderazione della May. Ha un feeling invece per Boris Johnson, il suo allievo e ammiratore che esce sbattendo la porta dal governo di Sua Maestà, e invoca un hard-Brexit dirompente. «Il mio amico Johnson», lo ha definito ancora ieri Trump alla partenza dell’Air Force One: irrituale omaggio reso a chi vorrebbe far cadere un governo alleato degli Usa. Il premio di Trump per l’ala dura dei Tories britannici che stanno con Johnson potrebbe essere un rapporto preferenziale con gli Stati Uniti, un trattato bilaterale di liberoscambio che rinsaldi la “relazione speciale” tra due nazioni sorelle. Aggiornando l’asse Roosevelt-Churchill nell’èra dei leader populisti e sovranisti, Trump-Johnson è quel che rimane.
Intanto Trump, seminatore di tempeste, si gode lo spettacolo.
Il suo allievo ha lavorato bene.
Bisogna ricordare quel che disse Johnson un mese fa per attaccare lo stile di negoziato morbido della May con Bruxelles: «Ammiro sempre di più Trump. C’è del metodo nella sua follia. Immaginatevi come Trump condurebbe il negoziato Brexit. Andrebbe giù duro, sanguinoso, romperebbe tutto, ci sarebbe ogni sorta di caos. Tutti gli darebbero del pazzo. Ma così otterrebbe qualcosa».
Di giorno in giorno cresce la schiera dei politici europei che come Boris Johnson ammirano lo stile e la sostanza del trumpismo. Chi vuole trasformare il partito conservatore britannico in una forza estremista ha il percorso già tracciato, è la metamorfosi dei repubblicani Usa. Le cause e le radici sociali sono note, il voto Brexit fu il segnale premonitore dell’elezione di Trump, dietro il sovranismo in ascesa ci sono ceti sociali impoveriti dalla globalizzazione, impauriti dall’immigrazione, sulle due sponde dell’Atlantico. Alla base ci sono risentimenti legittimi.
Ma lo sbocco geopolitico, con l’indebolimento dell’Ue e della Nato, è tutto a favore del Re di Russia. Forse non sbaglia Trump quando prevede che nella sua trasferta europea la tappa più facile sarà l’incontro con Putin a Helsinki. Affinità elettiva, attrazione fatale. Guai a sottovalutare l’aria del tempo che soffia impetuosa. A casa sua, Trump nei sondaggi risale.
Ha superato il livello di popolarità di Emmanuel Macron (38%) tra i francesi.

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