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QUEI SOSPETTI SULL’ASSE RUSSO

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4/6/2018
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L’analisi

Andrea Bonanni
Alla fine è toccato a George Soros sollevare pubblicamente la domanda che da mesi tutte le cancellerie europee si pongono in silenzio: qual è la vera natura dei legami tra la Lega di Matteo Salvini e il Cremlino di Putin? L’ammirazione che il neo-ministro dell’Interno prova per il leader russo è solo frutto della fascinazione che la figura dell’uomo forte esercita inevitabilmente su una mente di destra, o non c’è invece anche un legame organico e magari finanziario tra Mosca e il partito che potrebbe diventare la sua longa manus in Europa?
Salvini ha prontamente negato di aver mai preso soldi «dalla Russia». Bisogna sperare, per il bene del Paese, che non possa essere smentito. Sarebbe anche opportuno, sempre per il bene del Paese e per la credibilità dell’Italia, che un tal genere di ombre venisse dissipato da una voce più autorevole e più imparziale di quella del diretto interessato. Perché già, nella Nato e nella Ue, si sta pensando alla creazione di un possibile cordone sanitario per evitare che informazioni di “intelligence” particolarmente sensibili possano finire in mano al nuovo governo italiano, considerato troppo permeabile nei confronti di Mosca.
Il dubbio, quindi, esiste anche in ambienti che potenzialmente la sanno più lunga di Soros e di cui il miliardario americano si è forse fatto portavoce. E la necessità di sgomberare autorevolmente il campo da ogni sospetto di possibili legami tra Mosca e il nuovo governo italiano è vitale per mantenere il posto e il rango del nostro Paese nella comunità occidentale. La credibilità personale di cui indubbiamente gode il nuovo ministro degli esteri Enzo Moavero Milanesi, infatti, da sola non può bastare a offrire questo genere di garanzie.
Ma, al di là dei sospetti di una collusione organica tra la Lega e il Cremlino, la questione posta da Soros mette in evidenza un altro possibile fronte di incompatibilità tra il nuovo governo italiano e l’Europa. Non c’è solo il problema dei conti pubblici, e il rischio di un default del debito che ci porterebbe inevitabilmente fuori dall’euro a prescindere dal fatto che questa eventualità sia contemplata dai programmi del governo. C’è anche il fatto che il duo Salvini- Di Maio è visto come un serio ostacolo sulla via stretta che l’Europa cerca di mantenere barcamenandosi tra i bullismi diplomatici di Putin e Trump.
Non è solo il problema delle sanzioni alla Russia, che la Lega vorrebbe abolire, o della guerra commerciale che gli Usa hanno dichiarato ai prodotti europei. Nei rapporti con la Siria, con l’Iran, con Israele e con tutto il mondo arabo scosso dalla guerra tra sciiti e sunniti, l’Europa finora è riuscita a mantenere una posizione distinta sia da quella di Mosca sia da quella di Washington. Non è una posizione forte, perchè non è sostenuta da una potenza militare adeguata. Ma è una posizione solida, che finora ha contribuito a mitigare la tensione nell’area.
Adesso, improvvisamente, gli europei si trovano ad avere a che fare con una maggioranza politica italiana che, da una parte, guarda con aperta ammirazione a Putin, e dall’altra è indicata come punto di riferimento internazionale dall’ideologo più estremista di Trump. Secondo Steve Bannon, suprematista bianco e teorico dell’egemonia americana, «ora Roma è il centro del mondo». Non c’è da stupirsi se a Berlino e a Parigi, al di là delle offerte protocollari di collaborazione con Conte, si comincino a chiedere in quale misura l’Italia possa diventare la testa di ponte dei due populismi che marciano in parallelo a Mosca e a Washington. E che condividono l’ostilità verso la Ue.
Sarebbe opportuno che il nuovo governo dissipasse, se può farlo, dubbi di questo genere. Ma sarà anche bene ricordarsi che la credibilità di una diplomazia, come del resto la credibilità di una politica di bilancio, non si ristabilisce con quattro dichiarazioni via Twitter, ma con una serie di gesti concreti e coerenti la cui efficacia sia oggettiva e verificabile. Le prossime settimane e i prossimi mesi offriranno l’occasione di chiarire da che parte sta l’Italia. Sempre che questo governo lo sappia.
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