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Il terremoto più feroce del 2017

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mondo

Palazzi squarciati case ridotte in polvere, familiari disperati che scavano a mani nude. Poi gli aiuti dall’estero, Italia compresa. Anche dalla Turchia offerte di soccorsi Colpita soprattutto la provincia di Kermanshah
Il sisma in Iran è quello che ha fatto più morti quest’anno: 445 con 7.100 feriti
GIAMPAOLO CADALANU
 I SOCCORSI
PALAZZI squarciati, case ridotte in polvere, familiari disperati che scavano a mani nude in mezzo ai detriti: per una volta non sono le bombe a devastare un angolo di Medio Oriente, ma è la natura. Il terremoto che domenica notte ha stravolto il nord Iran e il Kurdistan iracheno non si è fermato ai confini, spargendo il dolore fra iraniani e curdi. Al centro della scossa c’era la provincia iraniana di Kermanshah, con forte presenza di curdi, ma anche la zona di Sulaymaniyya, nel nord Iraq. A voler cercare nei fenomeni naturali la volontà di Dio, come si fa di frequente in questa parte del mondo, verrebbe da pensare che dall’alto si è voluto punire l’hybris, il peccato di arroganza di chi, da una parte o dall’altra, insegue progetti politici terreni senza disponibilità al compromesso, fra curdi abbagliati dall’idea dell’autonomia e iraniani pronti a tutto per difendere l’integrità del loro Paese.
Ma le dimensioni della tragedia, la più grave del 2017 in termini di vittime, tra quelle legate a eventi sismici, sembrano un invito a superare le divisioni politiche: in serata il bilancio complessivo aveva raggiunto i 445 morti, con oltre 7.100 feriti, in gran parte sul lato iraniano. Le cifre sono sicuramente destinate ad aumentare, perché la provincia di Kermanshah è fra i monti Zagros, una zona rurale e impervia, i cui residenti vivono in piccoli centri abitati spesso lontani l’uno dall’altro. Sul lato iracheno ieri sera si contavano sette morti, con oltre cinquecento feriti.
Secondo il Centro di rilevamento geologico degli Stati Uniti, l’epicentro delle scosse è stato individuato a una trentina di chilometri da Halabja, la città curda irachena sul confine fra i due Paesi. Ma con una magnitudo pari a 7,3 gradi della scala Richter, il tremore della terra è stato registrato fin sulle coste del Mediterraneo. Nel Kurdistan iracheno i danni maggiori sono stati segnalati nella città di Darbandikhan, con il timore che anche la diga locale possa essere rimasta danneggiata. In Iran invece a essere più colpita è la città a maggioranza curda di Sarpol-e-Zahab, dove diversi palazzi sono stati polverizzati dalle scosse. Secondo le prime rilevazioni, i danni maggiori sarebbero registrati nei nuovi quartieri voluti dall’ex presidente Mahmud Ahmadinejad. Tagliato l’approvvigionamento di elettricità e acqua, migliaia sono le persone rimaste senza tetto.
Dopo le prime notizie su danni e vittime, si è messa in moto la solidarietà internazionale. E fra i primi a rispondere all’appello c’è stato il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, arcinemico dei curdi e in rapporti difficili anche con l’Iran, che fa parte di schieramenti avversi sia in Siria sia nello Yemen. Il presidente turco ha inviato una robusta spedizione di soccorso, già cinquanta Tir carichi di aiuti umanitari hanno superato il confine al checkpoint di Habur, che il governo di Ankara aveva voluto chiudere come rappresaglia dopo il voto al referendum sull’indipendenza del Kurdistan.
L’Italia ha avviato una prima spedizione con 12 tonnellate di aiuti d’emergenza - tende, coperte, kit igienici e attrezzature per cucinare – con un volo umanitario della Cooperazione che dalla base di pronto intervento delle Nazioni Unite di Brindisi, gestita dal Programma alimentare mondiale.

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