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Trivelle e sanatorie così il Pd ha perso l’anima ambientalista

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politica e ambiente

Dallo Sblocca Italia è iniziata la guerra con gli ecologisti “Veltroni ha ragione: dobbiamo occuparci anche del clima”
ANTONIO FRASCHILLA MONICA RUBINO
ROMA.
«Veltroni ha ragione nel porre come priorità politica del Pd la lotta al cambiamento climatico e questa sua richiesta non può essere ignorata». Angelo Bonelli, leader dei Verdi, concorda con Walter Veltroni, che su Repubblica ha lanciato un duro j’accuse ai dem: «Quando nacque il Pd io mi permisi di dire che sarebbe stato il più grande partito ecologista italiano, ma non lo è stato ». E Bonelli invoca i tempi dell’Ulivo, quando «un piccolo gruppo di parlamentari Verdi riuscì ad ottenere importanti risultati per il Paese: dal sistema dei parchi al conto energia, dal sostegno delle energie rinnovabili sino al codice ambientale. All’epoca i catastrofisti eravamo noi».
Adesso il rapporto tra dem e ambientalisti sembra davvero tutta un’altra storia. Gli ecologisti mettono l’anno 2014 come grande spartiacque tra il loro mondo e quello del Pd: a settembre, l’allora premier Matteo Renzi, tenne a New York un accorato discorso al forum internazionale dell’ambiente sulle energie rinnovabili. Due mesi dopo firmò lo Sblocca Italia, il decreto che per Greenpeace, Legambiente e Verdi è il manifesto dell’attacco all’ambiente. «Da lì è iniziato il nostro braccio di ferro con il Pd», dice il direttore di LegambienteStefano Ciafani. Lo Sblocca Italia ha rilanciato le trivellazioni, prevedendo procedure semplificate per il rilascio dei permessi di ricerca ed estrazione. Non a caso Renzi al referendum per fermare le trivellazioni in mare ha invitato gli elettori a non andare a votare. «Ma nello Sblocca Italia c’è anche dell’altro», dicono in coro Legambiente e Verdi, che puntano il dito sul rilancio dei termovalorizzatori con alcune regioni, dalla Sardegna alla Sicilia, obbligate a incenerire migliaia di rifiuti. E, ancora, quella norma ha consentito l’avvio di appalti pubblici nel settore dell’edilizia con procedure accelerate. Messaggi, questi, arrivati anche alle Regioni guidate da governatori dem: nel 2014 il governatore siciliano Rosario Crocetta ha firmato un protocollo d’intesa con Assomineraria, l’associazione dei petrolieri di Confindustria, assicurando non solo autorizzazioni in tempi brevi, ma anche lo stop all’aumento delle royalties, mentre due mesi fa l’Assemblea regionale ha consentito deroghe ai piani paesaggistici.
Come fumo negli occhi gli ambientalisti hanno poi visto altri provvedimenti varati dai governi guidati dal Pd negli ultimi anni. Ad esempio il decreto “spalma incentivi” che ha bloccato, anche in maniera retroattiva, tutti gli aiuti sul fotovoltaico: «Gli investimenti sulle rinnovabili sono passati dai 15 miliardi del 2013 a 4,3 miliardi dello scorso anno, con la perdita di 50mila posti di lavoro», dice Bonelli. L’ultimo scontro si è poi avuto sul ddl Falanga sulla lotta all’abusivismo: «Nella prima versione era una sanatoria, adesso è migliorato anche se fissa criteri per l’abbattimento degli immobili che di fatto rendono difficile demolire abitazioni usate come residenza», dice Ciafani.
Ma se si dà un’occhiata alle regioni guidate dai dem, in Campania Vincenzo De Luca si è fatto promotore di una discussa legge che di fatto salva tutte le prime abitazioni abusive, almeno 70 mila, mentre se si va a ritroso nel tempo è stata l’amministrazione Pd della Liguria guidata da Claudio Burlando che in una regione ad altissimo rischio idrogeologico ha consentito di edificare anche a tre metri dai corsi d’acqua dentro i centri urbani e a 5 metri fuori città: correva l’anno 2011 e nel partito, allora guidato da Pier Luigi Bersani, l’attenzione sui temi ambientali già non era delle migliori. Dall’Ulivo e i governi Prodi con ministri leader dei Verdi come Edo Ronchi e Alfonso Pecoraro Scanio, al Pd, sembra davvero che la battaglia ecologista si sia persa per strada. Anche i leader dei movimenti ambientalisti nei dem ormai si contano sulle dita di una mano: in sintesi, sono rimasti Ermete Realacci e Luigi Manconi. «La questione ambientalista - dice Manconi - riguarda il Pd e tutta la politica italiana e rimanda a un pauroso deficit culturale dell’intera classe dirigente. Da noi si pensa ancora che l’ambientalismo sia una versione del pauperismo e non una strategia di sviluppo economico».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Con l’Ulivo i leader Verdi erano al governo. Oggi si tagliano gli investimenti nelle rinnovabili
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