la violenza sulle donne
Preso anche il capo della banda, un ventenne profugo congolese: stava fuggendo in treno La confessione dei tre minori nati in Italia: “Ha deciso tutto lui”. Ma gli inquirenti non ci credono
GIUSEPPE BALDESSARRO
DAL NOSTRO INVIATO
RIMINI.
Quando le due poliziotte sono salite a Rimini sul treno che da Pesaro porta a Milano, ha provato a dire che lui non c’entrava niente, che si stavano sbagliando. E mentre le agenti gli mettevano le manette ai polsi continuava a giurare che di quel Guerlin Butungu non sapeva nulla, che non era lui.
Gli investigatori dello Sco e della Squadra mobile invece su quella vettura ci sono andati a colpo sicuro. Lo avevano inseguito a Pesaro e spinto verso la stazione, lo avevano visto salire sul treno e lo aspettavano proprio nella città nella quale aveva guidato la gang di minori nella notte di stupri e violenze. Dopo gli arresti di sabato, mancava solo lui all’appello. Era braccato, senza scampo. Appena lo ha capito il 20enne congolese ha di fatto ammesso tutto. Così, ieri mattina all’alba, si è chiuso il cerchio su una caccia alla banda durata una settimana. Tutti presi, e tutti inchiodati con prove che, al di là delle confessioni che stanno fioccando, sembrano blindare l’indagine. A puntare il dito contro Butungu, da ieri notte ci sono le dichiarazioni dei tre minori di 15, 16 e 17 anni (due fratelli di origini marocchine e un nigeriano, tutti e tre nati in Italia) che lo indicano come il capo del gruppo. Nei verbali raccontano che era diventato una sorta di boss: «Offriva sempre da bere e da fumare, ci dava anche soldi e noi facevamo quello che ci diceva senza discutere». Una versione che solo in parte convince gli inquirenti, portati a non escludere che i tre abbiano tentato di addossare le colpe più gravi sul maggiorenne solo per alleggerire la loro posizione. Di fatto i quattro venerdì sera si erano mossi versi Rimini «per fare un giro». I fratelli nelle rispettive confessioni hanno raccontato che avevano passato la serata a «bere vodka e a fumare marijuana ». Poco dopo le tre del mattino l’incontro con le prime vittime: «A Miramare abbiamo incontrato i due polacchi. Lui (Butungu, ndr) li ha puntati». Il primo approccio è stato per portargli via portafogli e telefonini, quindi le botte e lo stupro.
Qui i racconti dei tre sono leggermente diversi l’uno dall’altro. Di fatto, però, sia alla violenza sessuale che ai pestaggi ha partecipato l’intero gruppo. Secondo le prime deposizioni anche l’incontro con la transessuale sarebbe stato occasionale: «A qualcuno, non ricordo più a chi, è venuta l’idea di portargli via i soldi…». Dal denaro, tra l’altro non trovato, il gruppo è passato alla violenza e al nuovo stupro. E secondo i minori era sempre Butungu a «dire quello che dovevamo fare». Quindi la corsa in stazione, a prendere il primo treno per Pesaro. Gli inquirenti avevano già individuato il gruppo. Avevano nomi e foto. Mancava solo la localizzazione del nigeriano, per questo non erano stati ancora presi. Sabato mattina quando sui giornali sono apparse le foto che li ritraevano di spalle i marocchini sono andati dal padre, ai domiciliari, a raccontare tutto: «Siete due pezzi di m... Ora andate dai carabinieri e gli dite quello che avete fatto».
Al sottufficiale della caserma che li conosceva per i loro precedenti hanno detto pochissimo: «Stavolta l’abbiamo fatta grossa. Siamo noi quelli del casino di Rimini...». Nel giro di qualche minuto sono stati consegnati alla polizia di Rimini, mentre nel pesarese scattava la caccia agli altri due. Il terzo minore è stato individuato in serata, Butungu lo hanno preso ieri mentre tentava di squagliarsela. Per il questore Maurizio Improtaè stato «un grande lavoro di squadra tra magistrati, poliziotti e carabinieri di Pesaro». Tutti impegnati a chiudere questa storia. I minori hanno negato di essere gli autori di altri tentativi di stupro e, tuttavia, questa parte dell’inchiesta deve ancora essere approfondita. Il 13 agosto ad esempio hanno detto «di non essere andati a Rimini», ne’ di aver fatto «mai altre volte cose del genere». I ragazzi ora si trovano al carcere minorile del Pratello. I due marocchini pare non abbiano più aperto bocca. Il nigeriano ha invece passato la giornata tra le lacrime. A Bologna le loro posizioni saranno seguite dal procuratore dei minori Silvia Marzocchi. Del maggiorenne si occuperanno invece i magistrati di Rimini.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
FOTO: ©ANSA