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Il re anarchico dell’utopia nel cuore d’Europa

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CULTURA

EDGARDO FRANZOSINI
Miserie e nobiltà di Henri Oedenkoven, giovane inquieto che diede vita ad Ascona alla “colonia di Monte Verità”, meta di eccentrici, teosofi e artisti senza regole
Henri Oedenkoven era un giovane dalla mente irrequieta, figlio di una stimato industriale di Anversa. Un giorno confessò al padre di avere la sifilide. E’ stata una piccola greca incontrata in un bordello di Liegi a trasmettermi l’infezione, gli disse. Poi lo informò di volersi curare con regole vegetariane di alimentazione, con la ginnastica all’aria aperta e con il nudismo. A Veldes, nello Stabilimento di Cura Naturale di Arnold Rikli, conosce Ida Hofmann. Ida ha occhi dolci, profondi e i capelli spartiti in due bande ai lati del viso.
Scambiandosi dosi qualche impressione, mentre distesi nudi sopra un lettino attendono che il dottor Rikli applichi loro degli impacchi di terra sul ventre, scoprono di avere molte opinioni che coincidono. Tra queste un sentimento di avversione per il progresso scientifico, per l’inurbamento, il mercantilismo capitalista e la nascente civiltà industriale (siamo sul finire dell’Ottocento). Alla natura riconoscono, al contrario, qualità rigeneratrici e purificatrici. Al corpo umano, se educato, virtù inesauribili di forza, bellezza e armonia.
Ben presto conoscono due altri ospiti dello Stabilimento: i fratelli Graser. La fama del dottor Rikli li ha raggiunti a Kronstadt, tra la nebbia e il gelo di una città considerata, a ragione, una tra le più austere della Transilvania. Gustav sino a qualche anno prima ha dipinto quadri e scolpito statue nel legno e nel marmo. Un giorno una visione estatica lo ha convinto a squarciare con un coltello le sue tele. Detesta ogni aspetto della vita normale. Ha cambiato il proprio cognome da Graser in Grass, e usa, come biglietto da visita, steli di lupinella. Il fratello Karl è stato, un tempo, ufficiale dell’imperiale esercito austro-ungarico, ma il ricordo della vita militare gli procura ormai solo disgusto. Al gruppo si aggiunge Lotte Hattemer. Bionda e delicata, Lotte ha una vocazione per le forme più eccessive di misticismo.
Una mattina, incamminandosi per un viottolo che odora di umidità, i cinque lasciano Veldes, in cerca di un luogo, come ebbe a esprimersi Henri Oedenkoven, «in cui sole e natura lavorino per la salute di tutte le creature». Era il Sud ad attrarli, ma quando, tempo dopo, capitarono un giorno ad Ascona, all’epoca un tranquillo borgo di pescatori sulla sponda svizzera del lago Maggiore, si convinsero che quella loro ricerca poteva dirsi finalmente conclusa. Dalle ultime case del paese risalirono per un sentiero sino a raggiungere, di lì a poco, la cima di una collina. Tutto intorno spalti boscosi, terreni, prati verdi, tralci di vite. In basso, le acque azzurre e calme del lago. Una settimana più tardi, alla presenza di un notaio, Oedenkoven acquistò un pezzo di quella collina, gettando così il germe di ciò che diventerà «il paese di tutte le Utopie del Novecento, il recesso di tutte le originalità, di tutte le fantasie religiose del secolo, il luogo dove sperimentare ogni possibile modo di vita alternativo». Ribattezzata Monte Verità accoglierà «individui» come disse Robert Musil «dal punto di vista spirituale piuttosto intraprendenti »: naturisti, antroposofi, vegetariani, anarchici, adoratori del sole, occultisti, digiunatori. Gente che voleva trasformare l’arte, la politica, l’ortografia, che aveva abolito asole e bottoni, che «curava le ferite con impacchi di ali di farfalle».
Lavorando tredici ore al giorno Henri e i fratelli Graser costruirono, in meno di tre settimane, la prima abitazione. Oedenkoven la chiamò: capanna aria-luce poiché, a suo parere, i due elementi dovevano sempre trovarsi assieme, essendo l’uno il purificatore dell’altro. Le finestre erano ampie e senza vetri. Il mobilio si limitava a un letto in ferro, un tavolo, due sedie e un lavamano. Tempo qualche mese e cominciarono ad arrivare sulla collina i primi “compagni di fede”, come li chiamava Gustav Grass. Gente dall’espressione o profondamente vuota e apatica o terribilmente intensa. Salivano soli o a piccoli gruppi lungo il sentiero che portava alla sommità. I contadini smettevano di tagliare l’erba o di raccogliere legna per osservarli. Ben presto cominciò a circolare la voce che lassù si praticasse il “bolscevismo sessuale”, si celebrassero “matrimoni vegetariani”. Lungo i declivi furono piantati cinquanta alberi da frutta. Nei terreni meglio esposti al sole si cominciarono a coltivare piante di pomodori, fagioli, zucchine, patate e piselli. Il pane veniva impastato senza sale e senza lievito.
Era nata la “Colonia Vegetabilista del Monte Verità”. Le capanne non erano sufficienti ad accogliere tutti. Qualcuno dormiva all’aperto sotto una coltre di foglie, e al mattino rincalzava il letto con zappa e rastrello. Oedenkoven progettò due grandi fabbricati in legno. Uno di questi, il più piccolo, diventò la sua abitazione. Posta a ridosso di un muro di roccia, aveva volte a botte, pareti verde oliva e un tetto piatto. Henri la chiamò Casa Anatta. Era l’esatta copia della sede della Società Teosofica di Adyar, in India. In una delle 225 lingue che si parlano laggiù, spiegò Henri, la parola Anatta voleva dire: non-io, in un significato molto prossimo al concetto di “coscienza universale”. Nella parte più alta della collina, sopra una balza affacciata sul lago, venne eretta una grande costruzione, solida ed elegante, la “Casa Centrale”, altrimenti detta il “Sanatorio”. I soffitti, le ringhiere e gli architravi furono decorati con motivi che alcuni scambiarono per delle enormi vesciche natatorie: in realtà erano la raffigurazione del simbolo taoista di Yin e Yang. L’edificio comprendeva, oltre a una terrazza orientata in direzione del lago, una sala da pranzo, una biblioteca e un salone per la musica nel quale ogni sabato, al termine della cena, la Hofmann, vestita con una lunga tunica bianca, eseguiva sonate al pianoforte.
Quando vennero introdotti acqua calda e luce elettrica iniziarono i primi dissensi. Gustav andò a vivere in una caverna rischiarata da un lume ad olio. Utilizzava per riscaldarsi il metodo del letargo invernale usato dagli animali. Oedenkoven cominciò a parlare di “malintesa anarchia”. A Karl rimproverò di essere indifferente a qualsiasi regola e di dare un contributo lavorativo irrilevante. La Colonia andò lentamente in rovina e, nel 1909, la sua attività cessò. Gran parte delle capanne aria-luce furono abbandonate o caddero a pezzi. I pavimenti e le scale della Casa Centrale si riempirono di foglie, il legno dei mobili marcì, le suppellettili si coprirono di polvere. Casa Anatta fu invasa dall’erba. Di lì a qualche tempo Henri e Ida lasciarono il Monte Verità. Qualcuno disse che si erano trasferiti in Spagna. Altri raccontarono che vivevano ormai in Brasile, o forse nelle isole Samoa.
( 5- fine)
©RIPRODUZIONE RISERVATA
LA CASA
La sua abitazione aveva pareti verde oliva. La chiamò “casa del non- io” alludendo a una sorta di coscienza universale
LA SERIE
Con il ritratto dedicato al fondatore della comunità di Monte Verità si chiude la serie degli “ Outsider” di Edgardo Franzosini. Le precedenti quattro puntate sono comparse il 1 luglio, il 10 luglio, il 19 luglio e il 25 luglio
VITA QUOTIDIANA
Lavoro nei campi nella comunità di Monte Verità in una foto di inizio ‘900

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