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Sette torri del diavolo per sfidare il cielo

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L'oscurità non è poi così in ombra se le palme della spiaggia di Lattakia, e perfino gli ombrelloni dei lidi, osservati dalla fortezza di Yabroud, in Siria, prendono vita. È il buio della luce. In pieno giorno. Ogni tronco, ogni palo, è un soldato di Abu Sakkar, comandante dei "Khatiba Farouq", ovvero i "mangiatori di fegato". Ogni foglia diventa una lama. Ogni pertica si trasforma in un lanciarazzi e ogni torre in una sfida al cielo.
Un incubo remoto, quell'esercito. Sciama fin dentro i cortili del castello che fu conteso dal Saladino ai Crociati, ne fa avamposto e ammazzatoio. Tutto è fumo e sangue. Le stazioni satellitari macinano la scena tra le news. Vladimir Putin, disgustato, diffonde un video: un uomo di Abu Sakkar, un "ribelle", squarta un militare siriano e ne addenta il cuore e le viscere. Come un cannibale. Al castello, dicono a Damasco e a Homs, postando sui social foto e filmati, accade qualcosa di peggio: «La Mezzaluna è stata coricata sul fango, a simboleggiare le corna di Shaitan, il Diavolo». E le torri non fanno più muro ai venti improvvisi, ma oltraggio al cielo. Bestie "al servizio della Bestia", quei mangiatori di fegato. Gli ufficiali di Assad discutono con gli agenti russi, perlopiù nati negli ultimi giorni dello Stato Sovietico. Soldati di un'epoca inedita, quella del post-materialismo, si compiacciono di una notizia: l'esercito regolare di Siria, il 22 marzo scorso, ha riconquistato il Castello dei Crociati. Il possesso delle mura è stato preso aggirando i bastioni. Quelli che ai loro occhi sono orde di Gog e Magog vengono ricacciati negli inferi. Ogni torre è stata restituita. Alla luce. Al cielo, dunque. 

«A disposizione della notte e del giorno; del sole e della luna» recitano gli imam nel sermone del venerdì, a Damasco. Per concludere: «in ciò vi sono segni per quelli che comprendono »
È la Sura delle Api, (XVI, verso 12 del Corano). 
E le torri sono Le Sette Torri del Diavolo, capitolo tra i più sorprendenti dell'esoterismo islamico di cui, attualmente, si ha una letteratura frammentaria ma con un sentimento diffuso presso l'intero continente euro-asiatico e radicato nell'angoscia del male considerato inevitabile nell'esito terreno. Il mito – antecedente alla religione di Muhammad, sconfinante nell'induismo e nella paganitas greco-romana – riconduce ad Alessandro Magno. Le Torri sono i luoghi simbolici il cui tracciato di segni – speculare alle costellazioni delle Orse, la Maggiore e la Minore, però capovolta nella mappa celeste – ripercorre sul globo un combattimento antico presente nelle cronache degli attuali sommovimenti geopolitici. È un percorso che dall'abbacinante nitore della Siberia, transitando nell'area centroasiatica – quindi nella Mesopotamia, poi in Siria, in Egitto – arriva fino al nereggiare del Sudan e in Nigeria. È un tragitto in cui, oltre al contrasto alchemico cromatico è facile riconoscere il racconto dei conflitti internazionali e dell'istante storico «che inghiotte il mondo», per dirla con Pascal Bruckner ne Il Fanatismo dell'Apocalisse ( Guanda).
Segni. Per coloro che comprendono. Il 30 giugno del 1908, una cometa si abbatte su Tunguska, in Siberia. Il cielo si spacca in due, si leva un gran fuoco, quindi un boato fa richiudere le nubi lasciando a terra, polverizzati, milioni di alberi. I convogli della Transiberiana – quasi a mille chilometri di distanza – deragliano. E quel mattino, nella città di Kamen sull'Ob (un altro dei luoghi delle Torri indicati dalla tradizione), uno sciamano recante in mano "braci di ombre strappate alla cometa" bussa alla porta del convento di San Michele. Un laboratorio a cielo aperto per l'Urss prima, per la Russia oggi.
L'ombra balugina di brace funesta. La Carta di Hereford, la Mappa mundi medievale, fino all'atlante di Umberto Eco, la Storia delle terre e dei luoghi leggendari , testimoniano quanto l'immaginario occidentale abbia flirtato con questa mappa se il film per eccellenza, con Satana protagonista, L'esorcista , comincia proprio a Ninive, in Iraq, dove viene rinvenuta una statuetta di Pazuzu, il demone dei venti improvvisi. L'ombra ha un'ombra oltre il buio. Nella tradizione islamica fa testo ciò che scrisse René Guénon, recensendo Aventures en Arabie, un libro di William Seabrok. «Malgrado ciò che ha visto», scrive, «Seabrok si rifiuta di crederci». L'esploratore americano, reporter del New York Times e dedito al cannibalismo, riferisce di una torre presso gli Yezidi, gli awliya esh-Shaitan, i santi di Satana individuati dal filosofo francese leggendo, appunto, il libro dell'americano pubblicato nel 1934 da Gallimard. «Costoro, attraverso la costituzione di questi sette centri» – si può leggere in Scritti sull'esoterismo islamico e il Taoismo, Adelphi – «pretendono di opporsi all'influenza dei sette Aqtab o Poli terrestri subordinati al Polo supremo».
In un altro libro, Il regno della Quantità e il segno dei Tempi , Adelphi, Guénon scrive: «In una regione del Monte Nuba, in Sudan, si ha un'organizzazione segreta alla quale si dà nome Società del Leopardo dove certe forme di licantropia giocano un ruolo predominante ». Quella della Società è una setta politica le cui cronache generarono ampia narrazione nei giornali europei. Assassini spietati la cui caratteristica era far trovare le carcasse delle proprie vittime dilaniate da protesi taglienti applicate alle dita. Ancora una volta, un segno: il cannibalismo. Segni, tutti, dal catalogo degli orrori. Sciamani alle prese con mammut ibernati nei ghiacci, nomadi che si accompagnano ai vampiri, banditi della tundra dediti alla licantropia, e poi, senza però cedere alla criminalizzazione – anzi, celebrati come adepti di una tra le più suggestive religioni – gli Yazidi, donne e uomini grati a Lucifero. Il loro segno è Melek Taus, il pavone, un angelo le cui lacrime di pentimento spengono il fuoco dell'inferno. La loro religione è il segreto. Nei pressi di Mossul, in Iraq, nella valle di Lalis, si radunano intorno alla tomba dello sceicco Adi Ibn Mustafa e i tetti conici degli edifici sembrano ribaltare l'allegoria dell'imbuto che inghiotte l'angelo caduto, il «torreggiare dei giganti» cui diede voce Dante nella Commedia.
Torri, dunque, contro i Sette cerchi che reggono i cieli. Sono i centri di proiezione satanica contrapposti ai fortilizi dei santi di Dio, i sette pilastri della sapienza che si trovano a corrispondere a sette giacimenti del Maligno, la cui energia è sempre "infera" e la cui fuoruscita è sempre accompagnata dal tanfo, dal nereggiare del petrolio: il liquame di putrefazione delle viscere della terra, perché il male, infine, pur contenuto da una Muraglia che fa argine alle orde e, al contempo, reintegra l'ordine contro ogni degradazione dell'umano, è ineliminabile.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Sono luoghi simbolici che ripercorrono un combattimento antico riflesso nella geopolitica di oggi
L'AUTORE
René Guénon (1886-1951) è autore di Scritti sull'esoterismo islamico e il Taoismo
Pietrangelo Buttafuoco

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