COMMENTI
TIMOTHY GARTON ASH
DI fronte alla scelta elettorale di domani i britannici farebbero bene a rendersi conto che la Gran Bretagna rischia il naufragio contro gli scogli dei negoziati con l’Ue. Dato che la Brexit è il problema cardine del prossimo quinquennio, gli elettori dovrebbero porsi come priorità la scelta di un Parlamento che garantisca il male minore tramite il miglior accordo possibile, senza far uscire il Paese dall’Ue prima di averlo raggiunto. Lo chiamano voto tattico, ma la questione è quanto mai strategica e i britannici europeisti dovrebbero dare un voto strategico. Prima però si impone un accenno ai rischi incombenti.
SEGUE A PAGINA 29
NELLE scorse settimane ho avuto occasione di parlare con un certo numero di leader europei. Incredibilmente tutti sostengono che i negoziati sulla Brexit sono destinati a interrompersi, secondo una personalità europea di grande rilievo la possibilità che falliscano si aggira attorno al 90%, un’altra fonte scommette sul 60%. La rottura potrebbe verificarsi già nei prossimi sei mesi, prima che si insedi un nuovo governo tedesco, sulla questione della cifra che il Regno Unito dovrebbe pagare all’Ue per gli impegni pendenti. In quel momento la Gran Bretagna avrà bisogno di una Camera dei Comuni capace di imporsi e di riportare il governo al tavolo negoziale perché “un cattivo accordo è meglio di niente”.
Anche nel caso in cui i negoziati non si interrompano, il miglior modo di influenzarli sta nel controllo e nelle pressioni esercitate dagli elettori sul parlamento. Certo non possono contare sul primo ministro attuale per ottenere l’accordo migliore. Theresa May, primo ministro, nonché leader del partito conservatore, la definisce l’elezione della Brexit, la più importante della sua vita — con buona pace di Margaret Thatcher — ma non sa dirci come sarà questa Brexit. May si inimica i partner negoziali dell’Ue con la sua ridicola retorica sub-cripto-churcilliana che postula la resistenza all’”aggressione” europea, sperperando la disponibilità che si era conquistata inizialmente con un approccio costruttivo. Non manca occasione di perdere occasioni. Perché ad esempio non si è unita immediatamente agli altri leader europei nell’esprimere comune indignazione per la decisione del presidente Trump di portare gli Usa fuori dall’accordo di Parigi sul clima? May si presenta come la nuova lady di ferro ma si rivela una lady di latta.
Non potendo contare sulla lady di latta, i britannici hanno bisogno di un parlamento che difenda l’interesse nazionale. È vero, esistono forti differenze politiche tra i partiti e in un’elezione normale potrebbero avere peso decisivo. Ma questa non è un’elezione normale.
Come dare quindi un voto strategico? Le guide al voto disponibili online rispecchiano due scuole di pensiero. La scuola dell’alleanza progressista, che include il sito More United e la guida al voto tattico del Guardian, punta al candidato più progressista in alternativa ai Tory, circoscrizione per circoscrizione. Il sito Best for Britain, fondato da Gina Miller, l’imprenditrice britannica diventata famosa per aver ottenuto dall’Alta Corte la sentenza che imponeva il voto parlamentare per invocare l’articolo 50, e il sito
In Facts, guidato da Hugo Dixon, giornalista e attivista, offrono entrambi indicazioni precise basate sulle posizioni dei candidati sul tema Europa. Basta inserire il codice postale o la circoscrizione elettorale di appartenenza e il sito suggerisce quale candidato votare per creare le migliori opportunità di evitare una Brexit estrema e distruttiva.
Ove i liberaldemocratici europeisti (alias Lib Dem) o i Verdi abbiano possibilità di vittoria, vanno sostenuti. Il secondo referendum sul risultato dei negoziati per la Brexit chiesto dai Lib Dem ha scarse possibilità di realizzarsi, ma è importante che la proposta esista. Scozia e Irlanda del Nord fanno storia a sé, con i partiti nazionalisti celtici — il Partito nazionalista scozzese (Snp), il Sinn Fein in Irlanda del Nord e l’assai più debole Plaid Cymru in Galles — tutti fortemente europeisti.
In Facts dispone di una lista nera di 9 candidati laburisti favorevoli alla Brexit e di una lista bianca di 64 parlamentari laburisti europeisti attivamente impegnati contro la Brexit distruttiva. Segue poi una lista grigia di parlamentari laburisti inizialmente pro Remain che poi hanno scelto di “rispettare la volontà popolare”, tenendo il piede in due scarpe, come il leader laburista Jeremy Corbyn. Diversamente da tutti gli altri siti, In Facts indica 14 candidati conservatori decisamente europeisti, da votare nelle circoscrizioni in cui i partiti europeisti e i Lib Dem non hanno possibilità di vittoria, e consiglia due candidati conservatori dove si impone la scelta tra i conservatori pro Remain e l’Ukip. Ovviamente i gruppi dell’alleanza progressista non arriveranno a tanto, ma neppure Best for Britain può ridursi a sostenere un Tory. O raccomanda un altro partito, aggiungendo che «il candidato conservatore probabilmente si opporrà alla Brexit estrema», oppure, nel caso di Chelmsford, si limita a non pronunciarsi. Suvvia, a poche ore dal voto non riuscite ancora a raccomandare Vicky Ford, ex parlamentare europea conservatrice fortemente europeista, in un distretto elettorale in cui nessun altro può farcela?
Ma chiaramente queste sono le scelte più difficili. Se la dinamica della campagna metterà il Labour in condizione di governare in un governo di coalizione o di minoranza tollerata, con il sostegno dei Lib Dem e del Snp, sarà l’ottimo Sir Keir Starmer, laburista, ex procuratore capo, attualmente guida del partito sul tema dell’Europa, a gestire i negoziati per la Brexit, con l’appoggio dei partiti europeisti. Se tuttavia il voto strategico per i candidati Tory europeisti dovesse garantire ai conservatori una maggioranza molto risicata, l’elezione avrà avuto l’esito peggiore in assoluto. Perché in quel caso la lady di latta sarebbe ostaggio dei suoi “bastardi” euroscettici della linea dura. E Corbyn probabilmente rimarrebbe a capo del Labour, privo della seria opportunità di vincere le elezioni successive.
Ma se si reputa che i Conservatori riescano a tornare al governo, con una solida maggioranza attiva, diventa davvero importante avere parlamentari Tory dichiaratamente europeisti come Ken Clarke (l’unico parlamentare conservatore ad aver votato contro l’attivazione dell’articolo 50), Nicholas Soames (nipote del conservatore europeista Winston Churchill), Anna Soubry, per ridare grinta ai loro numerosi colleghi pro Remain, che ora seguono acriticamente la disastrosa rotta per la Brexit scelta da May. Se e quando si arriverà a una svolta nei colloqui con i partner europei del Regno Unito, o quantomeno a un bivio, le grigie schiere dei cosiddetti Releavers conservatori (che hanno votato per restare nell’Ue e ora sono favorevoli ad uscirne) avranno bisogno di amichevoli consigli per riuscire a ritrovare la parte anatomica di cui sono attualmente privi, ossia la spina dorsale. Sono lieto di non dover affrontare una scelta così difficile nella mia circoscrizione elettorale di Oxford West e Abingdon, in cui esiste la forte possibilità che un Lib Dem destituisca il Tory che siede in parlamento da una legislatura, ma se dovessi scegliere penso che mi turerei il naso e voterei per il candidato conservatore europeista.
Questa elezione è diversa da tutte le altre. Gli elettori britannici dovrebbero anteporre il paese al partito e dare un voto strategico, per evitare che la Gran Bretagna si schianti contro gli scogli della Brexit.
Traduzione di Emilia Benghi
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