Prima
MARIO CALABRESI
SI DICEVA che ci stavamo abituando agli attentati, grazie a un misto di rassegnazione e assuefazione, invece la strage di Manchester ci lascia senza parole, ci trascina nel campo dell’inimmaginabile.
Il Bataclan aveva scosso le nostre vite, quella sera a Parigi era stata colpita la gente seduta ai tavolini dei bar o mentre ballava e cantava a un concerto. Credevamo si fosse toccato il fondo della perversione, con la scelta di attaccare il nostro modo di vivere, di divertirci in libertà.
Poi ci sono stati il camion lanciato sul lungomare di Nizza, contro una folla di famiglie che aveva appena abbassato gli occhi dal cielo, dopo lo spettacolo dei fuochi d’artificio, e quello contro il mercatino di Natale a Berlino, con il vino caldo, i giochi, lo zucchero filato.
Ora si colpisce lo spettacolo dei bambini e degli adolescenti. Si entra nella cosa più cara e preziosa che abbiamo, lo spazio dell’intimità familiare. Il kamikaze ha ucciso almeno 22 persone ma anche il gesto di generosità e coraggio di un genitore, di un fratello maggiore, di una zia, che avevano regalato un rito di passaggio.
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SI È voluta punire la trasgressione di un bambino: andare a letto tardi per assistere al primo concerto. Immaginate quelle madri e quei padri che si erano fatti convincere e ora si tormentano per aver avuto questa idea.
Una festa di bambini e adolescenti. Lo scoppio è avvenuto quando tutto era finito e le luci si erano riaccese. Mentre il sonno spingeva verso casa. Esplosivo e chiodi.
La malignità assoluta del gesto. La folla impazzita dal terrore che scappa calpestando chi è più fragile e piccolo. Restiamo muti e pieni di rabbia.
E ora che possiamo fare?
Prima di tutto dobbiamo sconfiggere il terrorismo. Abbiamo il dovere di essere vigili, di pretendere il massimo dell’attenzione, delle precauzioni, della difesa. Dobbiamo combattere questa guerra con il massimo della determinazione e dell’energia, sapendo che non potremo mai dirci completamente sicuri, perché non esiste questa possibilità.
E in questa tragica incertezza abbiamo il diritto e il dovere di crescere i nostri figli, le nuove generazioni, alla voglia di vivere. Dobbiamo avere il coraggio di non chiuderli in casa, di garantirgli un futuro.
Ariana Grande ha fatto bene ad interrompere il suo tour, c’è bisogno di riflessione, si è sempre detto che lo spettacolo deve andare avanti, ma forse sarebbe meglio dire che la vita deve andare avanti, non per forza lo spettacolo.
Di fronte all’abisso del dolore ci sentiamo perduti ma la memoria ci deve venire in soccorso, si deve continuare a vivere senza tradire il nostro modo di vivere. La Storia ce lo insegna e non ho potuto fare a meno di tornare alla mattina di sabato 2 agosto 1980. Una bomba fece strage alla stazione di Bologna: 85 morti.
L’Italia sprofondò nell’incubo mentre andava in vacanza. Anche allora morirono i bambini, quei bambini sono i fratelli delle vittime di Manchester.
Luca Mauri aveva 6 anni, era partito da Como in macchina con la mamma e il papà ma all’altezza di Bologna ebbero un incidente e quando il meccanico spiegò loro che l’auto non era in condizione di proseguire decisero di ripartire in treno. Volevano arrivare in Puglia prima di sera senza perdere un solo giorno di mare. Sarebbero morti appena entrati in stazione.
Sonia Burri, 7 anni, invece stava facendo il viaggio al contrario, arrivava da Bari con i genitori, i nonni, la zia e le cugine. La trovarono sotto le macerie abbracciata alla sua bambola rossa. Manuela Gallon aveva finito le elementari e stava partendo per la colonia, l’esplosione la uccise insieme alla mamma, si salvò solo il padre che era andato a comprare le sigarette.
Quel giorno l’Italia si piegò nel dolore, sconvolti dall’orrore molti pensarono che non ce l’avremmo mai fatta ad uscire dalla stagione delle stragi e del terrorismo. Invece la nostra democrazia riuscì a prevalere, senza tradire se stessa e salvando i suoi principi. Ci riuscì perché la reazione fu convinta e decisa, perché gli uomini migliori dello Stato si sacrificarono al massimo, perché i cittadini non si arresero alla paura ma capirono che solo l’unità li avrebbe salvati. E perché alla fine gli assassini vennero lasciati soli, persero complicità e comprensioni.
Oggi abbiamo bisogno di nuovo di tutto questo, di coraggio, di spirito di sacrificio, di cooperazione, di fermezza e intelligenza. Ma dobbiamo sapere che la partita è più grande, che siamo uniti nella sorte a tutti gli altri europei e che le comunità musulmane devono fare la loro parte, in modo convinto e deciso. Solamente tutti insieme ci salveremo.
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