politica e giustizia
La divulgazione della telefonata tra Renzi padre e figlio, il Pd: “Attacco alla democrazia”. La Procura di Roma apre altri due fascicoli sulla fuga di notizie
DARIO DEL PORTO CONCHITA SANNINO
NAPOLI.
Altro che «gogna mediatica». Per i fedelissimi di Matteo Renzi, la pubblicazione della telefonata fra l’ex premier e il padre Tiziano nasconde «qualcosa di più profondo» anche dell’«aggressione al Pd e al suo segretario. Qualcosa che dovrebbe allarmare tutti. Un attacco alla democrazia», dice il presidente democrat Matteo Orfini intervistato dall’Huffington post. Il suo affondo riaccende lo scontro politico intorno al caso Consip e riapre l’eterno dibattito sulle intercettazioni. Ma stavolta, nella polemica irrompe perfino Giorgio Napolitano.
L’ex Capo dello Stato fa sentire la sua voce senza perdersi in giri di parole: «Tutti adesso gridano contro l’abuso delle intercettazioni e l’abuso della pubblicazione — tuona il presidente emerito della Repubblica — È un’ipocrisia paurosa, perché è una questione aperta da anni con sollecitazioni frequenti e molto forti da parte delle istituzioni. Io personalmente — ricorda Napolitano — ho messo il dito in questa piaga e non c’è mai stata una manifestazione di volontà politica per concordare provvedimenti per mettere termine a questa insopportabile violazione della libertà dei cittadini, dello Stato di diritto e degli equilibri istituzionali». Bisognerebbe chiedersi, conclude l’ex inquilino del Colle, «perché fino a oggi sono sfuggiti a qualsiasi normativa. È una vicenda che si trascina in modo intollerabile». Su twitter, Orfini risponde a Napolitano con una stilettata: condividendo la riflessione di chi scrive «non si ricordano altolà del Quirinale sulle pubblicazioni di intercettazioni irrilevanti sul caso Unipol ».
Contro Orfini si schiera Roberto Speranza di Mpd, che nelle parole del presidente dem legge un ritorno «della storia che abbiamo vissuto, di chi denunciava accanimento delle procure e attacchi alla democrazia», riferimento evidente a Berlusconi. Secondo il deputato del M5S Danilo Toninelli quelli di Orfini sono giudizi addirittura «eversivi contro i pm che indagano su Consip e non tanto velate minacce nei confronti dei giornalisti d’inchiesta. Di che hanno paura?».
Renzi, da parte sua, esclude di voler chiedere leggi più restrittive, ma ribadisce come «illegittima» la pubblicazione sul Fatto quotidiano della conversazione intercorsa il 2 marzo, alla vigilia dell’interrogatorio di suo padre Tiziano, indagato per traffico di influenze a Roma e all’epoca intercettato nel filone napoletano dell’indagine, pur senza essere sotto inchiesta. Allo stesso gruppo di telefonate appartiene quella, pubblicata ieri da La Verità, in cui Renzi senior parla con il suo legale, Federico Bagattini, dell’amministratore delegato di Consip Luigi Marroni. Nella ricostruzione del quotidiano, Marroni verrebbe definito come «ricattabile».
Le registrazioni di dialoghi fra il difensore di fiducia e l’avvocato non sono utilizzabili e dunque non restano nel fascicolo. Sia la procura di Roma, attraverso una nota del suo capo, Giuseppe Pignatone, sia quella napoletana per bocca del reggente, Nunzio Fragliasso, fanno sapere però di non aver disposto la distruzione di alcuna intercettazione, come invece riportato dal quotidiano.
Come già nei giorni scorsi, i due procuratori si sono sentiti telefonicamente prima di uscire all’esterno con una dichiarazione. Dopo la lettura dell’articolo de La Verità, la procura di Roma ha aperto un fascicolo. I filoni d’inchiesta sulla fuga di notizie adesso sono tre: si indaga anche sulla pubblicazione sul
Fatto, oltre che del colloquio tra Renzi e il padre, anche del verbale del sindaco di Rignano Daniele Lorenzini, sentito come teste agli inizi di marzo. Ancora indagini sull’indagine.
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